Asiago: quello che resta sono due occhi cerulei… Antonio Rodeghiero

Asiago. Altopiano dei sette comuni. Una pianura immensa posta a mille metri d’altezza. Nessuna difesa dai venti e dai freddi. Qualcosa che la vista non può nemmeno immaginare. Uno spazio, un orizzonte di montagna dove vagare senza meta e fermarsi ma senza pace. Un paese che, nei pastelli e nelle forme, riporta l’Alto Adige e l’Austria. Il confine con il Trentino dietro l’angolo e un caleidoscopio di colori, autunno, abeti e curve, introducono lo spettatore e il fuggiasco. Rimanere è impossibile. C’è quella sferza nostalgica, quelle insegne anacronistiche, quei viali pedonali dove i negozi si guardano nella concorrenza e quella moda infeltrita che risucchia la poesia nella quotidianità e nell’ansia. Ma, circoscritto ad un unico istante, potrebbe essere il luogo più bello del mondo. Caducifoglie in mezzo a conifere sempreverdi, ruscelli svociati e una quantità d’orizzonte incommensurabile. La rapida ascesa non fa presagire nulla. Quello che ci si trova innanzi, è un abbaglio, un istante di terrore e asfalto.
Un passo indietro. Il giorno prima, a Bassano del Grappa. Affinatore Dalle Nogare. Personaggio brillante, assolutamente fuori dagli schemi dell’affinamento, dall’arroganza da salvatori della specie e molto oltre la normale condiscendenza. Il posto vicino alla stazione non promette gourmet. Quindi, bisogna lavorare con i ristoranti e con i locali. Verticale di Asiago fatto di passione e professionalità. Un fresco meraviglioso, per gli standard da bassa bettola della maggior parte dei freschi. Qualche vezzena in mediana, un mezzano saporito e un filo asciutto e uno stravecchio d’allevo di oltre tre anni, di Malga Dosso, affinato, curato e benedetto personalmente, dalla cremosità inesauribile. Nessun difetto di fermentazione, occhiatura quasi inesistente, giallo paglierino e compatto. C’è qualcosa di meglio? Il giorno dopo si presenta come un inizio di fiacchezza…
Mentalmente soddisfatto, arrivo ad Asiago alla ricerca dell’hotel Rutzer. Uno dei figli di Antonio mi ha detto di non precoccuparmi, suo padre due chiacchiere le fa volentieri.
Così mi presento.
Mi accoglie l’altro figlio, uno yuppie fuori moda e fuori luogo, spuntato e lucido, con cavallo aderente a grandi quadri senapati, camicia bicolor e animo pizzuto, che mi dice che il padre oggi non si sente bene. Non se ne fa nulla, almeno così pare. L’Overlook di Asiago presenta solo pareti catatoniche e conteggi isterici. Dell’altro fratello, quello che ha preso i contatti, non c’è traccia. “Sta mungendo, mica può mollare il lavoro”. Io, invece, posso anche decidere di trovarmi una malgara che mi scaldi o di sniffare l’erba medica o di ripercorrere le tracce della Strafexpedition
Antonio, nascosto dietro il velo manco fosse Pitagora, dedice però di ammutinare. Si siede. Il figlio mi dice che non ci sente. Devo gridare. Una goccia di sudore mi scende dalla fronte.
Finalmente (ma senza sospiri di sollievo…) soli. Si parla di vacche (burline, brune e rendene) e si assaggia.

Stravecchio di forse quattro o cinque anni: caldiera in rame a fuoco diretto (con la storia di Garibaldi scritta sul metallo), le pagine di Rigoni Stern nella memoria masticante, cremosità infinità, giallo mostarda, piccoli filari di occhiaure, compattezza, nessun problema di fermentazione e nemmeno di masticazione, friabile, piccante con una contro-fragranza lattica, gusto erbaceo, di muschio e anche di tostatura… ma di sapori se ne potrebbero trovare mille diversi. Ogni assaggio è una miscellanea aromatica.

Antonio ha due occhi cerulei che non demordono. Fa alpeggio da non so quanti anni. Il formaggio lo produce solo lì e solo lui. I figli preferiscono comunicare e commercializzare. Sull’assiologia di queste mansioni, non mi esprimo. Il futuro è nebuloso. Lui sostiene che l’alpeggio 2012 sia stato l’ultimo. Alla parola figli, sorride. Ma quando faccio per andarmene, intesa la strutturale possibilità di un riconoscimento, di un interesse reale, mi dice di andarlo a trovare in malga, mangiare e dormire lì.
Ma quando?
Forse in un abbraccio estemporaneo, forse al di là di una cura ossessiva ma assente o forse direttamente in malga. Perchè la solitudine non si combatte con i medicinali e nemmeno con le coperte…

MALGA PORTA MANAZZO
LOC. PORTA MANAZZO
ASIAGO (VI)

HOTE RUTZER
VIA BERGA, 130
ASIAGO (VI)

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