Bardini: una tradizione con un futuro diverso? Graziano Balduzzi

Piacenza. La bellezza è celata. Il resto dell’Emilia è un’eco dai sapori nostalgici e autoritari. La dipendenza da Parma e una velata sottomissione gastronomica l’hanno nascosta e la nascondono vieppiù. Eppure le vie ci sono, i parchi anche, chiese e palazzi stanno lì a rappresentare una storia millenaria. Il Gotico (Palazzo Ducale) è una rappresentazione antropica di una borghesia delimitata e limitata nel suo essere di passaggio. I castelli e gli orpelli ducali hanno nelle merlature e nei portici il loro quotidiano incedere e anche quello dello shopping, bardato nei cosueti abiti benpensanti del sabato pomeriggio.

La periferia è un altrove. Qualcosa da mal di testa, da centro commerciale, da polo logistico, da svincoli troppo distanti e posti in un orizzonte di fabbriche e ciminiere da rubare l’accoglienza. Regalano un ricordo da casello stradale e da alcuna voglia di tornarci. Le dozzinali rotonde, sempre meno tonde, incrociano e tagliano l’idea di povertà di un suburbio fatto di palazzine-dormitorio-finto-laccate. Anche i sobborghi hanno le loro lacerazioni e le loro bellezze. E qui, in una struttura di quasi mille metri quadrati, ha messo in opera la nuova sede Graziano Balduzzi, l’ultima generazione, priva di genealogia, della famiglia Bardini. Quel ragazzo, di trentacinque anni, che, per desiderio e per necessità, ha deciso che il Graffione (il simbolo, made in Bardini, della cioccolateria piacentina) iniziava a rilasciare sentori di nafta e di anacronismo. Così, tra la magia e l’imprudenza, ha deciso il suo futuro: la fava di cacao.

Le macchine ci sono, il laboratorio pure e la passione anche. Per ora si riflettono le ultime intemperanze buoniste di Callebaut (che, come nelle migliori storie targate “principio d’autorità”, alla notizia della riduzione e della possibilità data dalla fava e dalle sue cangianti fermentazioni, ha provato la catechesi, attraverso il più classico dei galoppini-manager-venditori, a suon di stabilità e rischio… mica come lo splendido e totalitario Callebaut!, strenuo alfiere dell’assolutismo gastronomico e dolciario…) e, soprattutto, la sua passione (che non ho capito da dove arrivi…) per la dolceria piemontese, le sue ricette e la sua declinazione di cioccolato e nocciola, simbolo di povertà e di rinascita.

Graziano procede con timidezza e riguardo. I paragoni li trova tutti eccessivi. Il parco macchine ha l’estetica del patinato ma manca ancora dell’anima del cioccolato. Quella che i tecnologi non potranno mai regalargli. La passione gli viene alle mani. Chiede, ascolta e non pontifica. Avrebbe potuto fermarsi, con i graffioni (cioccolato, ciliegia di Vignola con il nocciolo e maraschino… una rivisitazione, senza stridi, del boero, che alla comunità fluviale rende più piacevole la festa….), un buon tartufo (ricoperto di cacao e in pasta – e colore – di nocciola all’interno, non particolarmente burroso, equilibrato negli zuccheri, masticabile) e una spalmabile alla nocciola (nocciola auto-tostata, trasformata in pasta dal nuovo mulino a sfere e sostituzione del girasole con l’olio di nocciole di un piccolo produttore monferrino), corretta senza suadenza e senza le noiose dispute contemporanee sulla percentuale del frutto presente… Anche perchè il gianduiotto (ma il discorso è tranquillamente mutuato anche dalla crema…) è nato come prodotto povero: la nocciola è andata a sostituire il cacao che, per motivi daziari, in età napoleonica, arrivava troppo caro e in piccole percentuali nel mercato piemontese. Quindi, la cortocircuitazione odierna cioccolato-nocciola ha qualcosa di proditorio, effimero e assolutamente seducente. La gara alle percentuali è stantia e Graziano se ne è tirato fuori, realizzando un prodotto onesto e buono.

Il resto è Callebaut rivisistato e rimesso in circolo. Nulla di trascendentale. Però, però, c’è un però. Graziano ha l’ingenuità candida della ricerca dell’origine. E così, per eliminare le dipendenze e per accentuare le differenze, all’interno di un circolo virtuoso, ha deciso che il futuro prevederà altro. Per ora siamo alle prime prove, alle tostature con sentori di bruciato e agli errori di gioventù. Per ora.

L’avvenire è cultura, racconto del cioccolato, formazione, collaborazione e unione d’intenti. Lo spazio fisico c’è, quello morale anche, l’intellezione è prossima a venire. Sono fiducioso perchè il “Cioccolato” non avendo voci, non può avere contraddizioni e nemmeno bocciature. Quello che resta sono le possibilità e Graziano ha la necessaria volontà per saperle e poterle cogliere… to be continued

 

BARDINI CIOCCOLATERIE

VIA VITTIME DI RIO BOFFALORA 19

PIACENZA

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