Birre ma senza quel fumo di parole… Marcello Ceresa

Podenzano. Pochi kilometri fuori Piacenza. In quella provincia che non è ancora diventata vallata. Le villette benesser-borghesi stile anni ’80 si susseguono manco fossero delle Terraced Houses di Liverpool. Capannoni di ordinanza, dove l’industriale con il tortello nel panciotto può spalancare i rubinetti e parcheggiare il macchinone. Qui la nebbia è compagna, a volte strenua… ma la collina, che riluce in lontananza, segnala la meta per una possibile fuga. Le periferie delle medio-piccole città italiane debellano paure rilasciando ansia. Senza il fascino industriale di una rivoluzione reale.
In uno di questi capannoni, molto più grande di ogni mia aspettativa e pregiudizio, ha costruito la sua nuova (quasi di pacca…) attività, Marcello Ceresa, un solito poco coerente microbirraio italiano.
Utente medio della birra, nessuna velleità da homebrewing, solo un sogno riposto (per ora…) nel cassetto: la ciminiera di una filanda, di un linificio o comunque di un vecchio stabile industriale (la mia immagine è quella di un dock e di una fabbrica zigzagante in mattoni rossi), dove fare apparire il proprio birrificio. Fantasia senza la pratica… che arriva solo con l’impiego in uno di quei pub nella nebbia di provincia. Impara la professione ma senza quella persuasione che arriva solo con l’approdo alla corte di Bruno Carilli di Toccalmatto (una babele in espansione e in dispersione…). Qualche anno dove imparare da un agronomo colto e dai colori appariscenti, dissolvenza e apertura di Retorto, un omaggio medievale alla toponomastica della valle (quale valle?).
Ambiente per aumentare, in maniera considerevole, la produzione, già di buon livello. Una sorella a coadiuvarlo nella gestione del tutto e le loro facce prese e portate alle degustazioni, alle castagnate, alle feste di paese, ai saloni a tema e nei vari ristoranti. Marcello è la dicotomia dell’artigiano contemporaneo, ancorchè non abbia una storia d’impatto da narrare e nemmeno un passato fatto di gloria. Ventisette anni e una leggerezza invidiabile. Vende e tenta, manco fosse Carlton Withfield o il diavolo.
Ora è invischiato con una radice di rabarbaro che gli ha dato, al primo tentativo, non l’asprezza del gambo ma la zuppa della valle degli orti… un gusto di verdura estremamente dissetante. Fuori dalla sue aspettative e dalla sue richieste, vittima di dileggio… per me, qualcosa di anacronistico per canuti bevitori. I risultati che si attende, però, sono altrove, ma la fiducia nel raggiungimento della meta è lo strebenromantico del mio scrivere…
Di birre in produzione ce ne sono quattro: una Ipa, una Apa, una scotch ale e una blanche. Le basse fermentazioni sono escluse non per scelta ma per struttura dell’impianto che non gli permette, almeno per ora, di lavorare con lieviti “lager”, le birre acide sono lontane dal suo gusto e dal suo sentire, le steam manco a parlarne, stout, triple  (meglio porter) e barricate sono in fase gestativo-embrionale, almeno nella sua testa.
La ricerca di lieviti, malti e luppoli non è maniacale. Non cade nella mia provocazione della facilità di una mera fermentazione alcolica. Gli gira intorno e ne prende coscienza. Spezie, luppolature e scelte sono un percorso similare a quello fatto da altri birrai, ma sempre diverso. Poi c’è la mano dell’attante. Belgio, America, Germania, Inghilterra (poca Italia ma il sogno di trovare un malto autoctono è lontano dal tramontare…) sono le fonti dove abbeverarsi.
Le birre…

– Daughter of Autumn: il motivo che mi ha spinto fin lì e forse la birra più deludente. Mi interessava il torbato ma ho trovato il malto. Buona ma senza lasciti.
– Krakatoa: eccezionale. Ambrata, molto amara, profumo speziato. Gusto agro, con punte d’arancia e caramello. 
– Morning Glory: American Pale Ale, abbastanza luppolata e mediamente amara. Torbida, schiuma densa e retrogusti erbacei.
– Latte Più: la leggerezza e la bevibilità. Poco amara. Acida e fresca. 

…, probabilmente, raccontano molto di più di quello che possa fare Marcello. Il suo passato è ben rappresentato da un tocco presente e da un futuro radioso.
Ecco la mia vita di certezze e di preconizzazioni. Non sempre ci si azzecca… ma il palato inganna fino a un certo punto… una fisiologia del gusto quando diventa piacere, smette di dividere il buono dal cattivo e, adagiandosi, si adegua al futuro…

BIRRIFICIO RETORTO
VIA ACHILLE GRANDI, 10
PODENZANO (PC)

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