Guardi la birra e vedi il territorio… Riccardo Franzosi

Frazione Fabbrica di un minuscolo paese eponimo della birra stessa. Montegioco. Trecento anime, disperse nel territorio, un po’ pianeggiante e un po’ collinare.
Pesche e treni rappresentano bene le occupazioni e le preoccupazioni di quella fascia di terra. Il vino  è un’istituzione, almeno quanto il salame e quindi quanto la luna. Terre agricole dedite alla tradizione e attaccate dalla modernità. Chi ne ha saputo trarre i migliori frutti, è un ragazzo cresciuto a birra e Bruce Springsteen. 
Una decina di anni fa ha scelto di trasformare il piacere personale in una professione, diventando, in breve tempo, un modello di estetica e gusto.
A partire dal packaging.
Riccardo lo sottolinea con l’orgoglio di chi ha sperimentato una strada nuova, raggiungendo un risultato straordinario. Comunicativo, incisivo e commerciale.
Non ha giocato sulla bottiglia, come tutti i suoi colleghi. Anzi, ha preso modelli basici da imbottigliamento casalingo e gli ha nascosti dietro la bellezza. Carta lavorata da un amico “grafico”, che lui corregge in “artista”, che poi ricambia in “grafico” e che infine rimane frainteso in un sorriso.
Sulla Rurale, direttamente dal Circolo Pickwick, svetta una magnifica stilizzazione di Pigi, ritratto a piedi scalzi, con un maialino accucciato dietro come un cane e la tuta da contadino di ordinanza. Il tutto sopra una carta che proviene da lontano: è la scannerizzazione di un canovaccio che chiudeva un fagotto atavico con rammendatura della domenica che fuoriesce vivida dal tepore della carta.
L’arte, molte volte, si nasconde e traspare attraverso forme che abbisognano di spiegazioni e ragioni. Questa potrebbe essere la definizione di avanguardia o di massoneria. Sicuramente è quella che precede la birra, in termini di pudore e di comunicazione.
Riccardo non ama l’eccessiva luppolatura, non crede alle mode contemporanee, non viene preceduto da una definizione o da un concetto, non stravede per le birre troppo amare, crede che la fermentazione acida, sotto forma di Lambic e di Kriek, debba rimanere circoscritta ad un determinato luogo e ad un determinato tempo, sorride divertito quando gli nomino i luppoli italiani, sorride sarcastico quando mi spingo su quelli che crescono sul Naviglio.
La sua birra non è figlia di un percorso, di analisi sensoriali e di confini, rimane sospesa a metà strada tra la sua volontà e il suo istinto. Si è guardato in giro e ha iniziato a creare, così spontaneamente, senza predeterminare un carattere, ma trovandolo durante il viaggio.
Carta e territorio: ecco la birra di un uomo, che potrebbe essere qualsiasi ragazzo, fatto di nebbia, carne e provincia…
…ma l’arte, questa volta, aveva bisogno di semplicità:

– rurale: ambrata ma limpida, sentori di luppolatura che partono dal leggero e dal floreale, per arrivare ad un forte aroma limonoso e un filo speziato. Al gusto l’amaro crea spazio alla grande bevibilità, lasciando la bocca secca ma pulita. 

  – mac runa: la bevo dopo una lunga degustazione di caffè, non sento a dovere il malto torbato ma sento maggiormente il sapore del miele. Ribevendola a casa, attraverso una bocca piccante, gli odori e i sapori di torba regalano note di mare e tronchi bagnati…

  – quarta runa: metto la testa all’interno del fermentatore. L’odore di pesche di Volpedo che, bevendola, avevo solo sentito come assenza, esplode nel naso, regalandomi il ricordo di quella giornata. In bocca mi aspetto la dolcezza ma trovo maggiori sentori di mandorla amara. Il finale è adagiato su note acide. Strepitoso prodotto.

  – tibir: una birra acida che non è una birra acida. La fermentazione spontanea lascia spazio all’aggiunta del mosto di Timorasso che porta la sua nota vinosa e i suoi lieviti. Odore alcolico, sapore molto pulito, beverino, floreale con un bel fruttato. Lui la definisce pericolosa… non posso che accodarmi.

– mc mummy 2010: ecco la sua fermentazione spontanea, quella che toglie il fiato e stacca i piedi. Botti di rovere, doppio malto e torbata. Si presenta acida per terminare con un finale robusto tra note vinose e di pompelmo. Molto lunga, parte come una lambic, si spezza in mezzo ad una Bretagna zeppa di fango, odore di camembert e di cozze, finisce con freschezza, agrumeti e sentori di Sicilia dimenticata. Straordinaria.

Riccardo è rimasto fuori dal coro, nemmeno Kuaska è riuscito a definirlo. Io l’ho messo insieme alla piazza del paese, alla stessa panchina, alla bandana, all’Aprilia Red Rose che diventa un Harley-Davidson, ai concerti hard rock e alle tavolate in legno del pub della strada statale, tra una battuta sarcastica e un panino da fame chimica alle cinque di mattina.
Questo, per me, è Riccardo. Collina, cornetto al panificio aperto per la notte e alba dove raccontare i propri sogni e le proprie inquietudini…
Un birraio di provincia che vende le proprie birre a New York a 50 dollari a bottiglia, una persona che è convinta che il prodotto non può che rappresentare l’anima del produttore (e che probabilmente preferisce farsi conoscere attraverso le proprie birre che lo anticipano tenendolo lontano dall’intimità… che è sempre una brutta bestia…), un comunicatore timido che getta le parole per nascondere la propria anima.
Un istintivo poetico, inaspettato perchè poco maudit

BIRRIFICIO MONTEGIOCO
FRAZIONE FABBRICA, 1
MONTEGIOCO (AL)

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