Il chinotto e le sue diramazioni… Alessio Pamparino

Finalborgo. Vallate che scendono dai declivi liguri, formando letti di fiumi in secca indefinita. All’interno (che assomiglia vieppiù alle Gole del Todra in Marocco) crescono alberi, arbusti, erba e capanne dissennate. Ogni tanto qualche terrazzamento nasconde un agrumeto. Limoni, Kumquat, Arance Pernambucco, Tarocco e Navellina, ma soprattutto Chinotti. Non tanto per la quantità (non si misurano in ettari ma in numero di piante…), quanto per l’unicità. Pochi produttori, ancor meno trasformatori e molti (ma qui siamo alle solite…) predoni. Su tutti, il decantato (chiaramente migliore delle bevande messe in commerchio a nome Chinotto… ma questo è facile…) Chinotto Lurisia. I produttori del Presidio, l’azienda Lurisia ormai la vedono col lanternino. Lo stesso strumento utile per cercare tra gli ingredienti la parola chinotto: acqua, zucchero, zucchero bruciato, succo di limone, anidride carbonica, aromi naturali e infuso di chinotti della Riviera Ligure. All’ultimo posto di un elenco che definirei propedeutico e sulla strada del salutismo, con un accento sul frutto, sia gustativo che imperativo (“Quello vero…”), poco incoraggiante. È una buona bibita, forse ottima. Ma con il sapore del chinotto cosa c’entra? L’amaro non è amaro senza una declinazione.

Il chinotto è l’epitome dell’amarezza, di quella che toglie la sete e non lascia voglia di null’altro. Nel girotondo delle degustazioni, raggiunto un limite (sia in estensione sia in qualità) con la marmellata (apice e tripudio di una festa bitter: nessuna pectina, un po’ di limone per mantenere l’acidità, zucchero e straordinaria potenza. Un sapore oceanico), non son più tiuscito ad andare oltre. Le proposte, che assumevano i contorni, a volte lievi e a volte triviali, della mostrada e della grappa, non hanno avuto un seguito al palato. Il mio mondo e il sapore che esso si portava dietro si sono fermati lì. Io amo il chinotto. E la cosa paradossale è che ciò che più mi lascia secco è il frutto stesso, la sua asprezza e la sua infinita amarezza. Datemi un albero di chinotto e vi solleverò dall’angoscia platonica di non saper colorare tutti gli spazi vuoti. Amaro = Amaro. Idea, ideale, costruzione, sperimentazione e tragedia. Il mio gusto finisce ed è finito lì.

Alessio è un ragazzo gentile. Uno che crede nell’assaggio. Uno che guarda gli occhi e non fa domande, credendo nel suo prodotto e nell’azienda (dei ragazzi con delle pentole e delle padelle…) che lo trasformano. La sua famiglia è radicata all’interno delle piantagioni di chinotto e lui ha creduto di doverle dare una comunicazione. Molto poco ligure in questo. Con quella vanesia che si addice ai vicoli (che non diventano quasi mai carruggi…) poco maleodoranti e spesso agghindati di Finalborgo. Che nella sua placidità ha comunque una mostrazione molto al di fuori delle righe. I colori pastello e le persiane in legno verde lasciano spazio alla pietra e al medioevo.

Alessio ha stravolto la tipicità del chinotto al maraschino (quello che ha reso famosa la Pasticceria Besio di Savona), che comunque continua a produrre, sostituendogli una Vodka biologica (distillato di solo grano), prodotta da alcuni ragazzi in Val Bormida (Origine ndr…). Ha creato un prodotto straordinario: bicchierino, spicchio di chinotto (lo ha sostituito al chinotto intero, figlio della tradizione e dell’abitudine, dandogli palatabilità e piacevolezza…). Prima il frutto, poi il succo. E potrebbe diventare unrefrain sartriano e nauseante, se non avesse un prezzo…

Mi perdo il succo (la reale motivazione che mi aveva spinto fin lì…), perchè la raccolta, che trasforma il chinotto dal verde scuro del frutto acerbo e aspro all’arancione del frutto maturo, avviene tra settembre e novembre. La trasformazione ha la quantità delle rondini invernali e quindi la mia visita estiva mi lascia solo qualche liquore, una birra (sicuramente il prodotto più debole…) e svariate confetture e ensemble che dal musicale vanno allo stonato… ma sempre con quell’amarezza tipica della cadenza marinara di fronte al mare maestoso e invernale…
Alessio è una sfumatura di passaggio. Ma il chinotto, mangiato fresco a Borgio Verezzi, aveva bisogno di un volto e di una passerella…

SENSU
VIA NICOTERA, 16 FINALBORGO
FINALE LIGURE (SV)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *