Il Panettone… Achille Zoia

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Concorezzo. Boutique del dolce. Casa di Achille Zoia.
L’uomo che ha rivoluzionato il panettone, l’uomo che ha più allievi in Italia che dolci in vetrina. Achille è un uomo senza mezze misure, senza mezze parole, con ammirazioni sconfinate e un’avversione profonda verso la classe dirigente che ha totalmente abbandonato l’arte gastronomica a scuole alberghiere incapaci di intendere e di volere. E quando le potenzialità di un giovane vengono messe in mano ad incompetenti e incapaci, il futuro si trasforma in una landa desolata e ignorante dove l’errore apparirà più verosimile della verità.
La sua pasticceria non la gestisce più lui. Almeno non direttamente. È in mano a sua figlia e a suo genero. Quando ne parla, è come se invecchiasse di qualche anno. È come se un lieve strascico di frustrazione non lo abbandoni nemmeno la notte. La sua ortodossia nella creazione di un dolce si è allontanata a tal punto da aver lasciato per strada anche l’affettività di genitore. Non si può dire che ne parli mal volentieri, perchè condisce il tutto con un sarcasmo e un’ironia da menestrello, ma è come se, il non essere riuscito a suadere attraverso la volontà, l’abbia portato ad esautorarsi del tutto.
Un pifferaio magico con chiunque, me in primis… ma dove non ha trovato né orecchie né animi disponibili, si è irretito nelle maglie dell’impossibilità e della stasi.
Il dicitore non è riuscito a lasciare spazio al venditore.
Ancorchè la sua presenza venga centellinata, rimane fondante per il periodo delle festività natalizie. Il panettone, senza le sue sveglie mattutine e le sue capacità, non esisterebbe e probabilmente non esisterebbe una boutique del dolce.
Straordinario lievitista, coccola il suo lievito come fosse una sua costola. Legato e insegnato. Senza segreti. Con ricette regalate, distribuite e pubblicate. Senza remore di essere copiato o di essere sostituito.
“Una ricetta è un pezzo di carta. Insegna a dosare e a misurare gli ingredienti. Praticamente nulla…”.
Effettivamente le mani e la testa rimangono lì, senza segreti ma con uno sguardo che nessun ricettario potrà mai racchiudere e didascalizzare…
Eccoci al dunque:

– Panettone Paradiso: è la sua ricetta, quella che ha sconvolto l’ancien régime della vecchia tradizione milanese, ha palesato nuove opportunità, giocando sui dosaggi e sugli ingredienti, ha raddoppiato burro e zucchero regalando leggerezza e fragranza. Farina (Dallagiovanna, di cui lui è il fiero alfiere), noci, cioccolato e uva sultanina. 
Glassa di sole mandorle pugliesi e un filo di cacao. Colore giallo napoli tendente al grigio che rilascia un odore soave, gentile, rimandando ad un ramo di abete carico di neve la domenica mattina in cui il bianco confonde l’orizzonte rendendo tutto più fiabesco… Giù il cappello davanti ad una nuova tradizione italiana!

Achille ha creato altre perle, ha rivisitato la Sacher Torte, ha strutturato una sua versione della cassata, ha creato delle ricette ad hoc sulla pasta di mandorla e sulla pasta di nocciole. Fa una torta all’anans da rimanerci secco. Ma tutto ciò è quasi come non fosse più suo. È diventato un patrimonio della nostra gastronomia, con quella capacità unica di mettere la battuta sempre nel posto giusto. Come quando, in una mattina milanese, mi presenta la metà dei “mammasantissima” della pasticceria italiana che gli si rivolgono con deferenza e complicità, elevandolo a maestro. Giovani e meno giovani.
Ancorchè, come il suo celebre predecessore, anche lui abbia un tallone vulnerabile: Iginio Massari. “Il genio”. Una figura di riferimento davanti alla quale abbandona il suo sguardo perennemente ironico. Le battute cessano e le critiche sono lungi dall’essere immaginate… nei miei tanti viaggi, difficilmente ricordo una devozione simile nei confronti di un amico e di un collega. Il magnetismo di Massari è indiscutibile e molte cose io non le conosco, ma è come se la bonomia e il sarcasmo di questo grande pasticcere si trasformassero in un disarmonico rapporto totemico.
Su Achille si potrebbe scrivere un romanzo, raccontare delle storie, utilizzarlo come morale di favole per bambini o come modello di longevità e poesia. È un personaggio con la creatività della modestia… come quando racconta gli anni in cui era tecnico alla Star, quando nasconde gli occhi lucidi alla lettura delle dediche dei suoi discepoli o quando mi offre un “drink” in un’agghiacciante bisca attigua alla pasticceria, tappezzata di giocatori di carte, tavoli in finto radica e barista impagliata.
Quando penso ad Achille, però, mi risuona in testa sempre la risposta (ed epitaffio) data alla sua famiglia rea di disinteressarsi eccessivamente dei suoi malanni: “Eppure ve l’avevo detto che stavo male”. Ci saluterebbe così con quell’immagine beffarda che rende poetica l’ironia…

LA BOUTIQUE DEL DOLCE
VIA DE GIORGI, 2
CONCOREZZO (MB)

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