La focaccia senza barba… Stefano Vola

Santo Stefano Belbo. Un paese con le case dai tetti rossi, dove Asti è molto più vicino del capoluogo Cuneo, dove Gancia, Cesare Pavese, il Moscato e l’inondazione del Belbo sono la diegesi storica stampata sul sussidiario di modi e tempi. Colline, vigneti, viste mozzafiato e curve sono l’anima di persone che sfruttano i rettilinei per costruirci paesi. Gli stessi che accompagnano, tra la gente, tra le piante e nella terra, rimanendo l’immagine di un’assenza, di un possesso “che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Ecco, Santo Stefano rappresenta davanti alla pianura “tutti i vanti e le virtù dei contadini retrostanti”, che hanno bisogno che uno faccia la propria strada e compia la propria vita per rimanere come ricordo, come nostalgia.

Ma ci sono ragazzi che, finiti gli studi e iniziata la coscienza della crisi, separano e decidono di rimanere, di provarci, di non affittare e di non mandare curricula. In poche parole, decidono di puntare su se stessi, sulla propria gente e sulla propria terra.

“Restare con coscienza”, ecco lo splendore dell’artigiano, l’unico che ha bisogno di un paese per potersi permettere la nostalgia.

Fulvio Marino decide di condurmi lungo qualche curva e un rettilineo, di farmi posteggiare in una piazza e di farmi entrare in un negozio di prodotti biologici, naturali, contemporanei. Uno di quei posti da metropoli radical chic e assolutamente fuori contesto in un paese dai giornali stinti e dal deserto pre-prandiale. Una signora ci accoglie partecipe. La sua scelta di aprire, in mezzo a tenutari di tradizioni, stantii olezzi di supermercato e ataviche visioni di grasso, pranzi domenicali, bolliti, grembiuli e plin infarinati da anni di ripieni e intingoli, un posto light, salutistico e naturale, risiede nella voglia di comunicare, di provare a non dare per scontata l’abitudine. Nessuno snobismo, nessuna supponenza, nessuna superficialità e nessuna tragi-commedia. Una madre colloquiale e protettiva.

Alle sue spalle, spunta il motivo della mia visita. Un imberbe ragazzino, con la faccia scaltra presa in prestito da un film di Scorsese, sorriso aperto e occhio dilatato.

Grazie a Fulvio e alla conoscenza di Gabriele Bonci, riesce a scendere a Roma per fare un corso col suo “idolo”. Soddisfatto e sorridente ritorna in Langa.

Le opzioni di un giovane al tempo della crisi: prima, quando il cellulare aveva le dimensioni di un mocassino in coccodrillo A. Testoni, l’opzione grossa azienda o multinazionale era il motore dei padri alle iscrizioni dei figli in economia o ingegneria, poi è arrivato il tempo dei master, quello dove “la laurea non basta” più perchè poco performante e troppo teorica per un mondo del lavoro che vuole manager fatti e finiti, a seguire si è finiti coi figli del benessere (genitori del duemila…) che hanno iniziato, lentamente, ad aprire gli occhi sulle varie scienze-del-tostapane-produci-parassiti, che millantavano come lauree, e sui divani-possesso-ossessivo-di-figli in perenne stasi da curriculum, ora siamo ai tarocchi, quelli del meglio tentare, gettare al vento cultura e istruzione ortodossa, per intraprendere un percorso personale, dove mettere il mucchietto di risparmi e sacrifici. Meglio affidarsi ad occhi e mani piuttosto che ad imbonitori prestati dalle televisioni, con baffi finti, giacche infeltrite e toni accademici.

Pacifico e condiviso.

In questo stato comatoso, Stefano ha spinto ed è stato spinto ad intraprendere. Piccolo forno all’interno del retrobottega della madre. Pizza bianca romana, qualche focaccia e alcune pizze. Ricerca del lievito madre non ancora testata ma pronta a venire, farine Marino e lievito di birra. Il prodotto è un buon prodotto, forse ingiudicabile, sicuramente futuribile. Lievitazione spinta, buon controllo delle salature, occhiature suadenti, un filo sotto nella friabilità (soprattutto la pizza… probabilmente il tempo che passa non è ancora nei controlli di Stefano), ottimi sentori, buona persistenza al gusto e al piacere della focaccia al farro bianco, con sapori poco coperti e assolutamente naturali.

Stefano è nella fase embrionale del mestiere. Pizze e focacce hanno qualche settimana di vita, nulla più e nulla meno. Se seguirà Bonci o qualche altro panificatore/pizzaiolo non mi è dato sapere. Qualcosa mi continua a stupire in quegli errori così educati, ma senza fondamenti, così lontani da quelli di decennali dipendenti privi di umiltà e di autonomia. Un ragazzino che ci prova, essendo anni luce lontano dal fine, ha quel qualcosa di mono-tono che fa del mio scrivere il contrario dell’improvvisazione… un lavoro, un’abitudine. Niene creatività a tutti i costi e nemmeno tecnica modellata nei migliori laboratori italiani, ma coraggio, leggerezza e un pizzico d’incoscienza. Inesperienza come base, una madre come egida e un sorriso che non sfugge né alla sicurezza né alla sfacciataggine…

 

BONTA’ PER TUTTI

VIA ROMA 10

SANTO STEFANO BELBO (CN)

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