La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti

Nizza Monferrato. In una di quelle patrie del cibo che non hanno colore né regione. Qui è come se l’aria avesse un sapore. Non esiste un’eccellenza, quell’unico posto dove mangiare in maniera meravigliosa, quel produttore che ha le stigmate del monolite per quanto raro. Qui c’è una cultura di fondo e un rifiuto della facilità. Qui il tempo scorre lento.  Le condizioni meteorologiche si sono affermate come deterrente e i tavolini dei bar sono zeppi di convivialità. Quella che esiste ancora e quella che ha la funzione di tenere lontano spettri e solitudine. Nizza Monferrato è una città apotropaica, la sonnolenza diventa intraprendenza e la cultura, coltura. Cardo gobbo (e la conseguente bagna cauda), barbera, influenze albesi-astigiane e liguri-commerciali, la razza piemontese in tutta la sua magnificenza e il bollito misto come espressione massima.
Francesco Diotti è una delle vittime inconsapevoli di Alessandro Varesio, un cicerone astigiano senza l’assillo dell’insegnamento. Al nostro arrivo la bottega è piena e la persuasione alla chiacchiera non sembra di questi lidi. Attenzione all’ultracentenaria senza dentiera che, nella carne, cerca quell’afflato di passato e di morbidezza ormai estinta, e attenzione al dandy “pubbettaro” con i clienti a caccia della costata che gli permetta di utilizzare gli animaleschi denti, interdetti dall’urbanizzazione crescente. Così decidiamo di ritornare. Prima andiamo alla ricerca di un po’ di storia nicese…
Centro storico, nebbiolina, lastricato, portici con passeggio pomeridiano, pasticceria Marabotti. Il clima rétro si ferma innanzi questa storica bottega paesana, dove le rughe danno bella mostra di loro e le vetrine hanno quel fascino ingolfato dell’infanzia e del legno. L’insegna è un pezzo di civiltà, il resto è un invito ad entrare e una mistura di decadenza. Cannoncino con granella di nocciole: molle e senza friabilità, un concentrato di naftalina e tappezzeria a fiori. Ma il motivo che permetterebbe l’abbandono della normalità, per raggiungere empiree vette di sapore, è il loro famoso bacio di dama: un concentrato di margarina e nocciole/cioccolato di una dolcezza prominente, quasi nauseante. La vecchina dietro il banco non ha l’attrazione della chiacchiera e nemmeno della leggenda. Decido, così, di ritornare da Francesco.
Corporatura da paradigma del macellaio, banco piccolo ma totalmente vocato alla razza piemontese (al di là del pollo della Fattoria La Fornace…). Suini, formaggi, salami, conserve e preparati sono l’accesso alla narrazione del colore rosso: dal cremisi al  veneziano, fino al porpora. I tagli sono quelli della tradizione, quelli della semplicità e quelli della serata gourmet per cravattini lustri e candelabri in vetro soffiato di Murano: scaramella, costata, filetto, povertà dell’anteriore, girello e tagli pregiati per le battute al coltello, cappello del prete, fesa e scamone. Lo sviluppo non si esaurisce nella scelta dei tagli e nemmeno nella frollatura (ormai la mezzena è una rarità… principalmente per esigenze lavorative), che porta avanti settimane o anche mesi (sotto vuoto) per determinate parti di selezionate bestie, ma nella determinazione dell’allevatore e dell’età della bestia da macellare…

Scottona, manzetta, manzo (la scaramella bollita: muscoli e grasso, sapore e tenerezza) e bue grasso: il periodo e il tipo di taglio determinano la scelta. Il bue arriva verso i primi di novembre e non va oltre la fine dell’inverno, le costate di scottona sono fenomenali: quel foraggio trasformato in carne e l’attenzione maniacale di quattro allevatori (gli unici che riforniscono la Macelleria Diotti) sull’alimentazione, sul benessere ma soprattutto sull’attesa del cliente. Nessun ormone, nessun insilato, controllo pedissequo e costante. Altissima scioglievolezza al palato, evidenza di una ricchezza di grassi insaturi (mono e poli), poco marezzata e senza smancerie…

Francesco è un cercatore, forse uno degli ultimi rimasti, combatte contro la burocrazia che non gli permette di lasciare in bella vista il “solo carni piemontesi”: il proditorio, a sentir loro, è dietro l’angolo. Abitudini, cattive e solite, causano sempre una prevenzione e un pregiudizio. C’è chi molla e chi combatte. Il suo sorriso lontano, quasi disinteressato ai riflettori, ma di una distanza umile e poco laccata, è oltre i lucernari della solitudine e del desiderio mai appagato. Francesco spiega una carne rara senza protagonismo… e questa è la cosa più esigente e verosimile che si possa fare…

MACELLERIA DIOTTI
CORSO ASTI, 40
NIZZA MONFERRATO (AT)

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