La storia del gelato si attualizza sull’Arno. Gianfrancesco Cutelli

Il capodanno pisano è alle porte. Molti studenti, molti turisti e altrettanti preparativi. La storia si rinnova. I tempi della Repubblica sono lontani ma la tradizione è sempre qualcosa di fascinoso, qualcosa che richiama.
A Pisa, sul Lungarno, in una piccola gelateria della quale è difficile vedere la fine sopra le teste della quantità di gente in rigorosa fila, la storia del gelato si è inverata in un uomo con il nome troppo lungo per essere accorciato, non tralasciandone il senso e non burinizzandolo. Gianfrancesco Cutelli è un discendente di Francesco Procopio De’ Coltelli, riconosciuto come l’inventore del gelato moderno, grazie alla creazione del prototipo di un mantecatore  e alla sostituzione dello zucchero con il miele. Tutto questo partendo dalla Sicilia: così Procopio, così Gianfrancesco.
Nato a Milazzo, un po’ per caso (era estate e i suoi genitori erano giù per ferie), un po’ per genia (la sua famiglia è della provincia di Messina), Gianfrancesco si è stabilito a Pisa e ha iniziato a pensare. Questa è la sua estrema forza, quella che continua a portarlo oltre, al rinnovamento e al cambiamento.
Agente per i viticoltori, ristoratore, biologo mancato e organizzatore di eventi. Fervido e storico, legato strettamente alla sua città e al buono. I suoi occhi su Pisa sono aperti al futuro e sono chiusi verso un passato che non è riuscito a rinnovarsi. I turisti si fermano a Piazza dei Miracoli, prendono il pullman (dopo essere stati attratti da una pizza all’ananas o da un’imperdibile fotografia con la torre appoggiata sulle spalle o retta con le mani) e scappano verso la compravendita di lenzuoli e tovaglie o verso la televisione via cavo dell’hotel che propone menù turistico tradotto e adattato a centoquarantasei popolazioni differenti (almeno quanti i cantanti di protesta che Bob Dylan delineò, in una straordinaria posa ironica, ad una giornalista della Bbc). In città rimangono gli studenti, che sono troppi, e l’ignaro cittadino… afasico e indolente. Quindi, il murales di Keith Haring (il più grosso tra le sue opere) rimane nascosto tra una caffetteria e una banchina per l’autobus, quasi senza traccia; i giochi popolari e le tradizioni si affievoliscono di anno in anno; le soirèe e la cultura scappano e Pisa assomiglia sempre più ad una città sonnolenta.
Gastronomicamente depressa, ha due gemme incastonate: la gelateria De’ Coltelli e la cioccolateria De Bondt.
Gianfrancesco ci accoglie con la raffinatezza della cultura. Di un uomo che ha scelto, ha studiato il suo percorso, lo ha storicizzato e lo ha attualizzato.

Breviario sulla gelateria: pozzetti, temperature più alte della norma (circa meno dieci gradi) per merito del minore contenuto di zuccheri del gelato, accostamenti ardui, a volte estremi, bilanciamenti ponderati, farina di carrube ad addensare (e nemmeno in tutti i gusti), uova biologiche, due-tre persone che hanno imparato la professione del gelatiere, attenzione massima sulle dosi degli ingredienti, sulla loro diacronia e sulla loro successione (lampante la diatriba tra lui e suo fratello sulla struttura, data da un’inversione degli ingredienti all’interno della mantecatrice, sia nel gusto che nella consistenza, di uno straordinario zabaione, composto da uova, vin santo e pochissima carruba…),  ma soprattutto la naturalità della materia prima.

Gli artigiani del territorio, quei pochi che strutturano ancora la loro sveglia mattutina sulle frequenze del bello, hanno tutti una storia, un prodotto che è diventato parte di un gusto e uno stretto rapporto di collaborazione. Pinoli del parco di San Rossore (sapore straordinario, senza eguali… bisognerebbe prendere tutti i gelatai che millantano la provenienza del pinolo dal parco pisano e fargliene assaggiare uno… a meno di un, non troppo scontato, silenzio gustativo, l’accorgimento arriva subito sulla strada della differenza: tronco e resina con un sapore selvatico, a tratti impervio… tutto questo rimane in un gelato che ha bisogno solo di una giusta dose di pazienza… il retrogusto è qualcosa da fotografia del palato), ricotta di pecora bio sempre del Parco (con cui fa un gelato con pinoli e miele di spiaggia del parco di Migliarino da rimanerci secchi…), il raro miele di edera del dottor Pescia di Rosignano, cioccolato De Bondt (pare che il fratello abbia trovato il giusto mezzo per una granita mitologica… ma il mio palato, all’offerta, era già in ginocchio), antiche varietà di albicocche coltivate direttamente dalla facoltà di Agraria, lo zafferano di Croco e Smillace (il gelato è profondo, intenso e profumato, con una sfumatura clorata…), il mallegato di Sergio Falaschi (ma questo gusto è stato la passione irrazionale di una volta sola), il caffè di Andrea Trinci e delle Piantagioni del caffè.

Poi ci sono i prodotti lontani, dal torrone di ReLanghe alla mandorla di Noto (con cui farebbe uno dei gelati di mandorla più buoni in assoluto – assaggiato così, appena mantecato -, se solo non aggiungesse le mandorle a pezzetti che mi fanno utilizzare i denti, nervo scoperto del mio rapporto col gelato, abbassando il livello di palatabilità), il pistacchio di Bronte (molto lungo, unico insieme allo yogurt di pecora, senza particolari lasciti) la nocciola delle Langhe, la macadamia, la noce verde candita, il limone di Sorrento e quello di un suo amico della zona che, non sapendo come utilizzarli meglio, gliene ha regalate due casse (a cui aggiunge la scorza, raggiungendo un particolare, quasi unico, ensemble olfattivo e gustativo)…

Infine ci sono i suoi sogni, i suoi tentativi e le sue illusioni: pera e pepe rosa (pazzesco, un’accoppiata che mi ha letteralmente steso… gusto iniziale di pera e finale pepato ma con molta delicatezza… geniale), lime e zenzero (omaggio alla lontananza tropicale…), il limone con l’anice stellato, la carruba… 

… da tutti questi ingredienti, ne ricava un gelato raffinato, di classe estrema, un gelato di testa, senza le estremizzazioni della pancia e dell’emotività, ma con tutta la filologia della ricerca. Però, però… c’è altro… molto altro…
C’è soprattutto la parola “sottrazione”. Qualcosa che mi riporta al cinema, alle sale vuote e buie alle tre del pomeriggio, all’ombra della luce e delle parole di un film di Sokurov, di Mizoguchi, di Ken Loach o di Sam Peckinpah, tra lo svuotamento di senso di uno stilema narrativo e una ciglia aggrottata e stanca. Mi cita la coppia Resnais-Gassman e il barocchismo del castello del conte Forbek… Ecco, lui si posiziona all’antitesi. Ha iniziato a togliere, a svuotare, a prosciugare, finanche a nascondere. Il pozzetto, la temperatura controllata, le basse quantità di addensante e di zucchero, sono l’espressione di una razionalità scientifica. Gianfrancesco è una persona controllata, dal gesto autoritario ma soave. È una bacchetta che accarezza e crea… convinta che la rarità possa trasformarsi tranquillamente in quotidianità. È quell’idea che deve essere anche pratica per poter esistere. Gianfrancesco trasforma… e la bellezza non gli è così lontana…

GELATERIA DE’ COLTELLI
LUNGARNO PACINOTTI, 23
PISA (PI)

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