Lievitati e contraddizioni. Una pasticceria ad occhi chiusi… Corrado Vicina

Ivrea. A poche ore dal Carnevale. Per molti il giorno giusto, per me il più sbagliato possibile. Una città vestita a festa con i rioni bellicosi, nell’attesa della battaglia delle arance. Scene anacronistiche e vestiti disossati, in un clima tra il cavalleresco e il perfido. “Camion-mobili porta torroni e cianfrusaglie” spandono nell’aria quegli olezzi di cipolle alla piastra, misti a caramellizzazioni spinte, che ottundono nasi, sentimenti e devozioni. Il mio palato, già stracolmo delle peggiori fumisterie, non è più in attesa di un dolce.

La città si adagia veramente placida sulle sponde della Dora Baltea. Alle spalle appare una formazione geologica tra le più inspiegabili. Serra morenica d’Ivrea. Un altopiano discendente, sospeso tra le Alpi Pennine, che andranno a formare l’inizio della Valle d’Aosta, e la pianura, di circa venti kilometri, che spiana in un orizzonte articolato che sorprende il viaggiatore ignaro di una qualcosa che non ha né invidia né turismo. Ivrea ne viene accresciuta in una prospettiva che innalza ma non chiude. Gli altri giorni dell’anno è una città senza comunicazione. Uno di quei posti (e il Piemonte ne mette in serie molti, come a definirsi molto prima attraverso la geografia, le colline e le montagne che attraverso le città… Biella, Ivrea, Novara, Vercelli, Verbania, Alessandria, Domodossola, Pinerolo o Tortona… tutte vittime della bellezza fuori dalla finestra…) di passaggio: per andare a sciare, per andare in Francia, per andare a scalare o per andare a mangiare. Nessuno ne sente l’esigenza e nemmeno l’indigenza. Sarebbe meglio nascosta, avrebbe molto più fascino, ma il caso mi porta lì per carnevale, dove odori, piaceri, ritualità e fraintendimenti si confondono nella gogliardia di chi reclama attenzione. I vicoli si trasformano in stelle filanti e coriandoli. Intanto attendo.

Alle spalle della mia attesa, s’innalza un palazzo stranito. Olivetti, negli anni del boom, quelli del federalismo sociale e del modello di sviluppo “famigliare” che fecero di Ivrea un paradigma da imitare, decise di far erigere, nel nome del design e della modernità, La Serra, un Hotel a forma di macchina da scrivere. In ogni tasto una camera. La bellezza di allora, dove il modernismo era rappresentato da una “città all’interno di una città”, si è trasformata, lasciando uno stato di degrado misto ad abbandono. Rimane l’interesse di un occhio perforato o minimamente attratto. Il resto, lo sguardo del turista e del cittadino, è assenza e dileggio.

In tre di questi tasti (sfortunatamente né lo spazio né l’invio…) si è adagiata la pasticceria (Maghi Infarinati) di un enigmatico pasticciere contemporaneo: Corrado Vicina.

Il nome non ha una storia e nemmeno un retaggio. I nonluoghi di Marc Augè diventano i tre spazi di una pasticceria talmente irreale da sembrare iperrealista. Uscita da un quadro di Katz, con l’umanità devastata di un brano di Celine, sospende qualunque tipo di giudizio. È l’anacronismo nel suo ideale. Qualcosa che va al di là del bene e del male. Non ha né bellezza nè bruttezza né giudizio. È come se fosse oltre il futuro e prima del passato. Spoglia, vetrine disadorne e di un’estetica decadente, fatta di nastri, palloncini e codette colorate, la pasticceria tira fuori due sgabelli, uno in fila all’altro, e ci fa accomodare davanti a Corrado, in cappello da freddo e fretta intima e culturale. Cerco il relax oltre lo stupore.

La pasticceria non lascia nulla all’immaginazione. Tre stanze in salita. Un frigorifero verticale con dentro i pasticcini giusti a combattere l’indigenza, alcuni cioccolatini corretti, gli eporediesi (dal nome degli abitanti del luogo), cioccolato e liquore con fondo di castagne (oltre le mie intenzioni…), un paio di torte (senza metafora…), specchi e rosa lascivo tutt’intorno. Ma io sono lì per i lievitati.

Corrado è una pasticciere che trova nel caso la sua forza principale. Manca di scientificità ma ha con sé la passione. Il suo maestro è Rolando Morandin (temperamento straordinario e gran classe…), il suo percorso è passato attraverso New York e una famiglia di ristoratori. Gli rimane in mano una famiglia e un laboratorio che andrebbe rivoltato come un calzino. Però, c’è un però. Corrado è buono (ancorchè, come nel torrone, dovrebbe mettere da parte, ogni tanto e nel nome della ricerca, il gusto del cliente…), come il suo panettone. Il centro unificatore di sapori, profumi e struttura è dato dal Mulino Marino e dalla sue farine. Il coraggio di Corrado fa il resto. Avrebbe potuto accontentarsi di Quaglia e della sua stabilità, invece ha preferito il rapporto umano. E nella casualità di una bilancia assente o reticente, Corrado sforna panettoni “lunghi” (ma senza la presenza di mono e digliceridi), buoni al gusto, un filo pieni di uvetta e incredibilmente, forse troppo, umidi, anche ad oltre un mese dalla creazione. La farina non s’improvvisa, così come il lievito. I mostri sacri del web, come Bonci o Liberati, hanno apprezzato e richiesto. Io condivido, senza sbracciarmi. Sul rimanente della pasticceria mi chiudo in una poco consolatoria sospensione del giudizio.

Corrado dovrebbe tentare di più, chiamarsi fuori, guardare all’estetica. “Un dolce, oltre ad essere buono, deve essere bello”. Non si può entrare bendati. Il naso vuole la vista e gli occhi il gusto. Non si possono tralasciare i sensi. Ristrutturare e mantenere profilo basso. Il gusto già c’è. Bisogna trovare il contesto…

 

PASTICCERIA MAGHI INFARINATI

CORSO BOTTA 30

IVREA (TO)

Corrado vicina

GRAZIE nicolo’.. A chi non piacerebbe un negozio nuovo
Banconi nuovi e tutto il resto. Osare di più,chiamarsi fuori, infischiarsene del gusto dei clienti in nome
Della ricerca.. Ho un mutuo e tre affitti : i sogni vengono dopo . E probabilmente neanche dopo. Sai però una cosa? Faccio del mio meglio ogni giorno e da uno che si vantava( seduto sui quei brutti sgabelli dinanzi a me col cappello da freddo) di essere onesto mi sarei aspettato che certe rasoiate me le avresti date al momento. Invece nonostante tu abbia i miei recapiti questo articolo me l’ha fatto notare un mio amico. Così hai preferito darmi una coltellata alla schiena( legittima per carità ) senza neanche avvisare. Forte..un
Vero uomo
d’onore. Ancora GRAZIE e buon
Lavoro saluta tua moglie. Corrado

ilsaperedeisapori

Ciao Corrado

leggo ora… grazie a te della sincerità…

che tu faccia del tuo meglio mi pare sia una delle “poche” cose che traspare dalle righe… sul resto, non mi pare che io abbia dato nessuna coltellata… anzi… sono stato onesto… e non chiedo il permesso a nessuno (Massari compreso) di scrivere ciò che vedo…

ti avessi avvisato cosa sarebbe cambiato? ma poi di cosa? io ho trovato splendido il tuo panettone… sul resto ho edulcorato il mio scrivere…

il cappello da freddo è chiaramente un modo popolare per trascrivere una sensazione…

so che è difficile ammodernare, fare, spendere, ricercare ed eccetera

ma io avevo un obiettivo (che probabilmente ho fallito)… provare a pungolare… ma è stata fraintesa come una rasoiata…

ps ti ho mandato una mail per dirti dell’articolo il 7 marzo…

un saluto da un vero uomo d’onore…

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