Parmigiano Reggiano, finalmente…! Fratelli Brugnoli

Bardi. Sconfinato appennino parmense. Perdersi è nel fascino della normalità, non fosse per ritardi accumulati appuntamento per appuntamento. La Liguria, bloccata dietro le montagne/colline spira i suoi venti, togliendo maglioni e giornate di pioggia. Pare cha a Gennaio, nelle giornate di sole, si possa stare tranquillamente in maniche di camicia. I riverberi del mare si sentono poco, quello che torna sono solo le curve e le strade dissestate. Un pianto di polvere e buche. Tornanti che squarciano il cielo, regalando autunno, orizzonte e colori meticci. Il dialetto paesano è quello lento dell’assenza di stress e le risposte hanno ancora l’interesse per la meta da raggiungere. Bardi è un assembramento di frazioni che possono distare fino a trenta kilometri o un’ora di strada. 
L’azienda agricola Brugnoli è qualcosa di tipico, almeno all’apparenza. Balle di fieno, trattori, caseificio e punto vendita. Tre fratelli: Enzo, Tino e Fausto, tre mondi che più dissimili non possono essere.
Mi accoglie Enzo, metà giornata in azienda e l’altra metà alla Coldiretti. Senza mani e senza gomiti ma con l’ingordigia della timidezza, quella che fa pensare che ci sia un segreto e che di rivelarlo non ce ne sia motivo. Invece… è così. Qualcosa lo stuzzica e, nello stesso tempo, qualcosa lo frena. Il parmigiano lo persuade, l’allevamento di suini neri parmensi pure, ma il sacro fuoco rimane più distante… come se fosse parte di una ritrosia. Insomma, nella povertà delle parole, disserta, racconta, mostra e descrive ma senza trascinarmi da nessuna parte. Preciso.
Sarà che, poverino!, è stato tirato giù dai suoi pensieri dal fratello Fausto che da sanguigno tuttofare si è dimenticato dell’appuntamento. Ma quando manca l’ipocrisia della scusa, mediare diventa sempre più semplice. Lui ha un’azienda parallela (Parmabio) dove produce una linea di parmigiano che non si discosta particolarmente da quello sinottico. L’apostasia è controllata e ben indirizzata. Le stalle si dividono, il latte pure. Unica chicca: un poco suadente negozio all’imbocco dell’autostrada di Fornovo Taro dove vendere uno straordinario parmigiano.

Il latte parzialmente scremato della sera si mischia a quello intero del mattino > tipiche caldaie di rame (fascino… coniche, rilucenti e profonde…) > caglio di vitello e siero innesto (autoprodotto) > coagulazione e rottura della cagliata (con spino in acciaio…) > cottura della pasta a 55 gradi > estrazione della massa caseosa > tagliata in due parti e avvolta nella tela, viene posta nella fascera > da qui, si passa alla fase della salatura (una ventina di giorni), in apposite vasche con concentrazioni percentuali di acqua e sale > fine del processo nelle cantine di stagionatura. File lunghe e alte, con quel fascino dato più dalla vista che dagli aromi, accennati ma controllati. Forme di circa 35 kili e, per ogni forma, circa 500/600 litri di latte. Tavole di legno e asciugatura della crosta ridanno la naturalezza e l’unicità di un formaggio profondo e inarrivabile nell’avvizzimento. Da dodici mesi (il minimo da regolamento consorziale…) ad infinito. I passaggi sono molteplici, gli anni scorrono sul calendario regalando aromi diversi, erbe di campo, profondità di naso. Tre anni, sette, dieci. I rivoluzionari si sono lanciati in affinamenti estremi. 

Qui i fratelli Brugnoli lo stagionano fino a sette anni.
Qui entra di scena Tino.
Istrionico fino al sarcasmo, veterinario per lavoro, allevatore per passione. Frisone, brune alpine e suini neri parmensi. Il latte, i salumi e la carne sono confinati qui. Non si distribuisce nulla che non sia il prodotto finito. L’accoglienza è quella dello sciupafemmine in pensione. Stivali da biker che manco Marlon Brando e domanda a bruciapelo per verificarmi: “qual è la peculiare caratteristica del grasso insaturo (principale componente dei suini neri, derivazione diretta di alimentazione brada, ghiande e nocciole. Analisi fatte sul nero nebrodense hanno evidenziato una percentuale intorno al 65/70% di mono/polinsaturi sulla totalità del grasso…)?”. Risposta corretta nella direzione delle temperature e citazione, sua, di uno studioso di Bologna che sta analizzando il latte delle mucche in alpeggio e della componente di grassi insaturi (pare intorno all’85% ndr). “Se fosse vero, l’appennino si ripopolerebbe!”.
Gli assaggi di lardo e parmigiano sono qualcosa di insano. Chi invece gli ha lavorato la coppa dovrebbe ridare indietro i soldi. Una materia prima del genere in preda ad un folle essiccatore.

Il lardo, oltre a sciogliersi (ma questa è facile…), ha una concia estremamente delicata… più erbe… qualcosa di dolce e placido. Un grasso impareggiabile. 
La “verticale” (termine tanto proprio quanto odioso…) di parmigiano biologico (nella sua totalità ad eccezione del sale che non esiste come prodotto bio…) e omeopatico (come le uniche cure concesse alle mucche…), parte da un 24 mesi, passa ad un 36/40 mesi e si conclude con i sette anni. La perfezione per il mio palato, ma anche per quello di Enzo, è quello di tre anni: delicato, poco elastico, masticabile, giallo mostarda e un meraviglioso bouquet di erba e fieno in bocca. Il due anni accompagna (praticamente tutto), il sette è conciliante (per una stagionatura così estrema), un filo più umido e perfetto negli accompagnamenti impulsivi.

I fratelli Brugnoli hanno in mano l’oro e sanno come trattarlo. Forse manca un po’ di ritmo, ma sfumature, vassalli e deuteragonisti rendono il tutto più saporito…

AZIENDA AGRICOLA FRATELLI BRUGNOLI
LOC. VISCHETO, 131
BARDI (PR)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *