Pasticceria Verga: un padre, un figlio e una distanza da colmare… Davide e Giorgio Verga

Cabiate. Mani e piedi nella provincia di Como, testa e polmone in Brianza. Quella delle sei di mattina, quella operosa degli sciur padrùn, quella dei macchinoni e delle scarpe sempre un filo fuori moda, ma sempre un filo più care rispetto a qualunque altrove, quella delle strade che la tagliano devastandola e la stessa che ha fatto del mobile una fede che, lentamente, alla stessa guisa della religione, sta sbiadendo nella crisi, nella concorrenza internazionale e nella paura di doversi ricreare, lasciando spazio a talenti, confinati, fino ad oggi, in parchetti, laboratori, centri di aggregazione, gare di macchine e birrerie con viste su menù tipografici e seriali. Cabiate, appena passate le 13 di una domenica d’Aprile, è l’immagine più realistica, antitetica e filmica del far west casereccio. I miraggi dell’asfalto, che di rovente ha solo l’illusione, la presenza di latrati innocui, la lontananza delle voci, la presenza di facce scavate, occhi sepolti e imploranti, e passaggi a livello aperti sul nulla, creano quel non so che di distopico, a suo modo affascinante, tra il futuristico (speriamo il meno possibile futuribile…) e il pionieristico, da terra di frontiera senza leggi e senza padroni. E se è vero che la conquista è la fatica di un ottenimento, qui, restare per provare a colorare è molto più irreale di quello che si possa pensare. È un dettaglio assolutamente non trascurabile.

In una piccola via che non credo conduca a nulla, se non a un muretto che innalza un parco con degli alberi che penso siano lì per segnare la via della fuga, appare, aperta (in un orario che la consuetudine si è portata via quasi ovunque…), la Pasticceria Verga.

La mia richiesta di Davide sorprende. Lui arriva con un sorriso stampato, a metà strada tra lo stupore e la fotografia. Alto, giovane e felice: di tutte quelle attenzioni, dopo la vittoria dei mondiali juniores, e delle prospettive che, ora aperte, aspettano solo le mosse giuste. Ventun anni e sentirli. I concorsi, di cui è grande appassionato, sono il viatico migliore per invecchiare presto. Il segno sulle ossa è difficile che sbiadisca. Sia nella vittoria che nella sconfitta. Il sorriso è anche un sorriso di gestione, come il non reagire alla mia critica superficiale a Davide Malizia e alla sua pasta di zucchero (suo maestro nella preparazione del mondiale, suo modello e probabilmente suo amico…). S’impara presto a stare al mondo, soprattutto con le domande, la necessità del cliente e l’idea che la propria personalità e il proprio temperamento (tra cui la più onesta delle difese…) siano sempre accessori in un’intervista. Col senno di poi, avrei dovuto ringraziarlo per avere evitato un vuoto imbarazzo.

In questo momento storico, Davide è attratto dalle sirene dell’artistico. Tre anni di alberghiero, i corsi in Cast Alimenti, l’insegnamento del padre e un territorio profanato, lo hanno portato a guardare lontano. Ai maestri così come alle sculture. È molto distante dalla mia idea di pasticceria e dalla mia idea di sviluppo nella pasticceria in Italia, ma riconosco in lui la sicurezza di avere una strada. Senza l’arroganza della verità ma con l’orecchio per un possibile rimbrotto. Il gusto verrà. Capisco la sua voluttà di gettarsi in tecniche ed estetica svuotata.

Entrando nel laboratorio, noto subito il roboqbo. Qualche marmellata, lontana sia dal dogma che dalla purezza, per alcune particolari lavorazioni, e qualche succo, soprattutto nel periodo estivo. L’utilizzo non è quotidiano, almeno non in questa bottega.

… l’idea, che si andrà a concrettizzare a breve, è un nuovo laboratorio, con annessa caffetteria (la vittoria del mondiale ha portato in dote l’ennesima temperatrice Selmi, permutata, con arguzia dal padre Giorgio, con un tostino, per una prossima lavorazione sul chicco…) e pasticceria. Settecento metri quadri a Giussano, laboratorio a vista e strada di passaggio. Il salto di qualità e di quantità è dietro l’angolo…

… Cioccolato Valrhona e Icam in temperaggio (la passione per la pralina è l’ossequio contemporaneo…), un paio di gradini e tre lavoratori alla fine del proprio turno. Due ragazzi stravolti e il padre Giorgio. L’ostilità brianzaola solo nei tratti, in realtà è un diluvio di parole. Surroga il figlio, portandolo con onore, in un percorso e in una seduzione. Conoscenza della materia, lamentela ridotta all’osso e attenzione verso il cliente e verso la gestibilità del mestiere. Il lievito naturale essicato, messo a punto da Achille Zoia, ne è la testimonianza più diretta. Ora, non ci sono le possibilità e nemmeno le persone da dedicare alla gestione della pasta madre. Onorare i limiti, è il discorso più onesto che si possa pretendere. Burro francese, prodotti altalenanti, buona tecnica e tanta passione. Gli ingredienti sembrano quelli di gran parte delle buone pasticcerie di provincia. Tuttavia, in Giorgio c’è qualcosa di diverso, c’è quel figlio custodito senza imposizioni, c’è una dose d’insegnamento fuoriuscita in quaranta minuti di parole. Le materie prime, non sempre d’elezione, hanno delle orecchie e una possibilità di cambiamento. I dolci sono buoni, con delle particolarità decise. Terra d’elezione Tahiti. Materia prima la vaniglia. Dalla crema pasticcera alle creazioni, i sapori esotici si alternano con le acidità. Vaniglia, cocco, frutto della passione, banana sono elementi fondanti di una pasticceria, solo al primo colpo d’occhio, classica. Buona la pasta choux (devo ammettere che la vaniglia nella crema è un filo invadente…), piacevole il cannoncino, così come la pasta frolla. Crema bruciata e limone e crema cotta sono accoppiate con molto garbo, così come la banana strutturata all’interno del cioccolato. Nella pasticceria mignon, le mousse hanno una risultanza importante, contemporanea e poco filologica. Ma il risultato non è pedante né invadente. Pasticceria secca: mandorla curata e fatta discretamente, pistacchio fuori bersaglio (la materia prima è troppo importante). Il sapore è un archè da riscoprire. Ma Pariani, con la sua pasta, va per la sua strada di acqua salata, rancido, color marrone, mandorlato e assoluta distanza dall’origine.

Davide e Giorgio si prendono cura del dolce, le donne di famiglia, invece, della piacevolezza del cliente. Così, un’altra storia artigiana brianzola può corroborare di come la provincia sia fatta di ragionamento e tradizioni. Senza invadenza e senza fretta. Con un enorme sorriso, pieno di possibilità, e con un malcelato orgoglio, che ogni tanto fuoriesce da pacatezza e accortezza…

 

PASTICCERIA VERGA

VIA CATALANI 110

GIUSSANO (MB)

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