Se una semplice mela diventa un racconto… Amedeo Moretti

Tresivio. c/o Mercato di Sesto San Giovanni.
Arrivo ad Amedeo Moretti grazie a Piero Roccatagliata. Le mele della Valtellina, così blasonate, sono un deserto di consorzi, antibatterici, prodotti chimici e certificazioni fasulle. Poi c’è Amedeo. Un folletto con la camicia allacciata fino all’ultimo bottone che dispensa serenità, senza nessuna concessione. La facilità non è del suo mondo…
Alcune varietà di frutti e bacche mitologiche (che non ho la fortuna né di vedere né di assaggiare), l’uva per la vinificazione, le patate e i kiwi.
Siccome la certificazione biologica ha un costo, una sorpresa e una sollecitudine, Amedeo ha scelto la strada della serenità. E se lo stress non riesce ad attecchire nella quotidianità del produttore, non riesce nemmeno a trasmettersi al di là della rete.
In quell’oceano di contraddizioni, falsità (“I falsari” come li prafrasa lui), piaggerie e favori, il controllo arriva a mettere, metaforicamente e non, le mani fin dentro la merda. E Amedeo, e questo l’ho visto con gli occhi della possibilità, lo immagino raggomitolato in un angolo che getta alle sue spalle picciuoli di mela e preoccupazioni troppo latenti per interessarsi della questione.
La veridicità è molto attuale nel nostro dialogo. Le scoperte si susseguono come fossero delle evidenze solo un po’ troppo arrugginite. Scopro come si mangia una mela, come si filtra un succo e soprattutto come si mangia un kiwi. Mi sento talmente fiaccato da mettere da parte le mie velleità alla continua sollecitazione e alla continua domanda, per placarmi tra i suoi occhi e quella camicia, demodé, che non riesco a smettere di guardare. Smetto anche di ironizzare e di ammiccare. Eppure fa freddo…
Amedeo è alla ricerca della realtà della mela. Del suo sapore e della sua dolcezza.
Mi mostra un accrocchio che misura la grandezza del frutto. Quali sono i canoni da rispettare e quali invece quelli di vendita del medio commerciante di provincia.
Più la mela è grande, più è piena d’acqua. Quindi il costo, che è proporzionale al peso, è proporzionale al dissapore.
Poi c’è il tempo. Che va rispettato ma che se, debitamente atteso, ritorna indietro con i suoi frutti. La mela Florina, ad esempio, procrastina il suo gusto ed è ricca di antiossidanti. Quella tagliata da Amedeo la mattina, alle sei di sera aveva ancora il colore giallo della fascinazione. Così le persone che passano possono chetare l’idiosincrasia verso la perdita di nitore che va scacciata come se fosse il demone della contemporaneità. E non solo nelle mele.

  – La Florina ha una particolare riconoscibilità. E’ desueta. Corrusca, si staglia su un orizzonte di ignoranza e regolarità. Ha quel bouquet di sapori che spaziano dal dolce all’acidulo. Una buccia corposa così differente alla masticazione da generare fastidio al primo impatto. Polpa bianca ed estremamente succosa.  

Nella generalità di un giudizio e di un valore, la ricerca di Amedeo si sviluppa sulla strada della dolcezza, sviscera antiche (ma anche moderne) qualità che ormai sono distanti dall’espressione. Il colore, la buccia che raggrizinsce, perdendo in bellezza ma non in sapore e quei sentori lontani di banana, trasformano il suo volto in una maschera sfidante.
Il resto è composto da Golden Rush, Surprise (che credo sia un nome contingente allo stupore provato alla sola vista di dimensioni e colori quantomeno bizzarri), Fiorone (che cresce sull’albero delle Florine, in numero limitatissimo e con dimensioni maggiori, quando le cugine decidono di saltare un giro) e da altra varietà più complesse da ricordare. Con il giusto mix e il giusto filtraggio, ne ricava un blended succoso. Che a dirla tutta, non mi fa gridare al miracolo.
Tutte le descrizioni di Amedeo sono accompagnate da una consapevolezza con  dei tratti di arroganza primitiva.

 – Poi ci sono i kiwi. Ecco la formazione. “Si mangia tutto, anche la buccia”. Quasi tutta la vitamina c, l’unico motivo per cui la gran parte delle persone compra questi frutti, immancabilmente acidi, al supermercato, si nasconde tra i peli e quel color verdone, così poco suadente in contrasto con lo smeraldo punteggiato della polpa. Un gusto profondo, unico ed eccezionale. 

E infine ci sono la sua stima per un vivaista veneto, che gli ha passato un libro di sapienza ed etica, e i suoi sogni. Quelli che non rivela. Quelle nuove varietà che vorrebbe implementare, ma che non vuole raccontare perchè la terra ha bisogno della concretezza delle cinque di mattina. Così decido di salutarlo, portandomi dietro la bacchetta del maestro e la manierata semplicità della sua comunicazione…

AMEDEO MORETTI
VIA DEGLI ALPINI
TRESIVIO (SO)

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