Un artigiano, ma non del tutto… Gianfranco Comincioli

Puegnago del Garda. Tenuta Comincioli.
Ci accoglie Gianfranco. Viso da Gerard Depardieu, fare spiccio, un po’ da venditore, un po’ da amministratore della cosa pubblica. Sembra abbia fretta. Ma alla fine ci dedica quasi tre ore. Persona decisa. Nessun cedimento, né al freddo né alla commozione (tranne quando racconta fasi del suo passato che gli fanno pronunciare la parola emozione). Passo rapidissimo e parlata, se possibile, di più. Comunicare con lui è abbastanza complesso. Provo ad ascoltare.
La passione dell’olio è qualcosa a cui è arrivato per gradi. 
-Quasi trent’anni fa.
La sua famiglia produce vino. Lui ha una passione per l’olivo. Per la sua estetica, per come si staglia sull’orizzonte di un lago sempre troppo placido. Inizia a conferire, insieme ad una ventina di produttori locali, le olive all’unico frantoio della zona. L’olio che ne ricava è pulito, senza sbavature, ma non rappresenta un traguardo.
Le notizie girano. Pare che due realtà in Toscana abbiano implementato un macchinario per produrre olio denocciolato. Carapelli e un costruttore di macchine. Il giorno dopo è dal secondo. Pochi fronzoli. L’olio è senza infamia né lode. Assaggia anche quello franto. Gli piace. Lo convince a procedere insieme. Pochi soldi e poche olive, ma massimo impegno. Ed ecco l’olio denocciolato. Qualcosa di mai visto. Oltre 500 polifenoli che gli donano una stabilità nel tempo, un colore e una limpidezza unica.
L’inizio è stato un inno alle battaglie perse. Solo Veronelli continua a credere nel suo olio. Qualcosa di diverso, che abbisogna di un rispetto umano che non è di questo mondo. Gianfranco lo paragona ad uno specchio. “Se l’uomo lo tocca con un dito, lo sporca, rovinandolo e connotandolo dove c’era solo bisogno di rispetto”. Paragona, d’altronde, l’olio franto ad un muro. “Qualcosa che può essere toccato senza essere sporcato ma solo connotato in una maniera altra”.
Qui è tutta la sua filosofia, composta di tecnicismi, trasmissione di senso e parole gettate in maniera troppo rapida per essere colte fino in fondo. Mi è parso, sinceramente, che non abbia annusato l’emozione fino in fondo ma l’abbia solo raccolta per cercare una convinzione o un rimando.
Un uomo di azione. Anche quando Marco Oreggia, in un convegno sulle sponde del Garda si scaglia violentemente contro il suo denocciolato, non si perde d’animo. Lo invita in azienda e lo mette di fronte alla prova del gusto. La più ardua da nascondere. Come in un triello leoniano, lo immagino fissare l’avversario negli occhi per carpirgli le crepe e le diffidenze.
Nulla. La sincerità vince. L’olio è fin troppo interessante. Ma la patria dell’extravergine d’oliva non può essere svegliata dal suo sonno dogmatico. Oreggia decide lo stesso di perseguire sulla sua strada… fino a che, anni dopo, nella sua guida sugli oli del mondo, non può non includerlo tra i venti oleifici più innovativi per metodo di estrazione.
E così la mezza gloria. Austria, Germania, chef emergenti, da un lato, l’Italia e la sua arretratezza, dall’altro. I nostri chef non sono pronti. Probabilmente a far emergere qualcosa che non sia la loro personalità…
Ma forse altro… E i suoi modi di fare me lo hanno tracciato…
Le olive sono quelle del Garda, nessun compromesso, nessuna cessione al tempo, alle mode e al meteo. Se la natura è avversa, l’olio non si fa, così come il vino. Leccino, Casaliva come cultivar principali. Diversi oliveti piazzati in posizione strategica.
Monocultivar e blend. La pulizia, l’avanguardia, la rapidità di azione sono tutte qualità che accompagnano la creazione di un olio molto più unico che raro. Dove l’oliva ha il volto candido e arduo del rispetto estremo. Sia nella raccolta, sia nella trasformazione, sia nella  mescita finale. L’acqua di vegetazione sparisce con l’alea dell’arcobaleno, così da non poter trasmettere, all’olio, odori e sapori altri.

– Casaliva:  colore giallo dorato, non troppo intenso. L’odore è quello più del cardo che del carciofo, con delle punte mentolate. L’intensità esplode in bocca, rilasciando note piccanti ma profonde, di una pienezza quasi mandorlata. Mi è parso non troppo amaro. Qualcosa di assolutamente straordinario

– Leccino: giallo intenso, quasi verde. Equilibrato. Non particolarmente piccante. Amaro ma senza un’intensità persistente. Buono ma senza peana.

Dopo gli assaggi, le parole, il vino (tra cui un gran bel rosato e un futuro rosso a 17,5 gradi appena nato) e le nostre scelte, arriva un’ombra ad offuscare la figura di questo artigiano [con cui mi è parso impossibile (giornata storta?) trovare un’empatia e una passionalità al di la di tutto]: il conto.
Il problema non è nè il prezzo (per l’olio qualcosa di disumano ma da lui ben delineato e spiegato… quindi mi adagio) nè la bolla (molto fiscale…). Sono quei diciotto euro e dieci centesimi pagati da un amico e pretesi nella sua interezza. Sono quei bronzini che trasformano il polsino del diavolo di Dostoevskij nella camicia intera. E non è chiaramente questione di sconti e regali, è questione di comunicazione e occhi lucidi… quelli che, fin da subito, mi erano sembrati una mera trasmissione di dati.
Poi, se gli chef vanno altrove…

AZIENDA AGRICOLA COMINCIOLI
VIA ROMA 10, FRAZIONE CASTELLO
PUEGNAGO DEL GARDA (BS)

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