Un panificatore francese in prestito… Nicolas Verdickt

Cuneo. Su quell’altopiano triangolare da cui ha preso il nome, ruota la prospettiva, alzando gli occhi verso un cielo che domina un territorio fatto di diversità e lontananza. Nonostante la Francia sia vicina, così come la mervaiglia delle valli e il mare da “un tanto al kilo”, la sua distanza dal resto del Piemonte, e mi verrebbe da genuflettere anche il termine civiltà, è siderale.

Si parla di posizione strategica, laddove la natura è riuscita a debellare il male dell’inurbamento: e così è per Cuneo. Qui, in questo tratto pianeggiante, le difese, fisiche e morali, nei confronti della fagocitazione da parte di costumi più lascivi o più conformisti, hanno il contegno della normalità un po’ esotica. Qui siamo lontani da qualunque conoscenza e da qualunque definizione. La somiglianza del centro con Torino è richiamata da una struttura di porticati, a volte basse, adombranti i collegamenti e le bellezze. Le piazze, la borghesia sollazzante e le classiche “vasche” del fine settimana vengono tutte riportate sotto una definizione univoca: pudore. Le abitudini, tra l’occitano e il sabaudo, rivestono gran parte delle finestre e dei vasi di fiori. Profumi e colori pastello ne fanno un angolo molto al di qua del commercio e del mestiere. Qui l’artigiano, così come in tutta la provincia, è nel suo topos. Qui siamo nella vera food valley italiana.

Contrada Mondovì, colori chiari, impiantito medievale, giovani passeggianti, panchine innamorate e cielo compresso dalle pareti. Proprio alla fine, quando la stradina si va a gettare verso il fiume, appare una delle due botteghe di Nicolas Verdickt, un panificatore che, venuto a seguito di un lavoro per la grande distribuzione francese e innamoratosi di Cuneo, ha deciso di esportare un modello di viennoiserie-boulangerie-patisserie del nord della Francia.

Farine di provenienza francese (almeno per ora), profumi non particolarmente accentuati (ad eccezione di una segale molto fragrante) e macinazione lontana da quella italica: la possibilità di raffinazione della farina si spinge fino alla tipo 5, con tutto quello che comporta in termini di finezza gustativa, tattile e olfattiva. Nicolas si diverte a sperimentare, ad oggi, più sulle consistenze che sui profumi. La convinzione deve essere sempre un banco di prova, altrimenti si rischia l’assuefazione…

Eliminate le scorie dell’immagine del medio panificatore settentrionale, continuo a sorprendermi, anche mentre scrivo. Nonostante l’approdo a Cuneo, i ritmi piemontesi, la passione per la lingua, per il cibo e per tutti i restanti luoghi comuni della tradizione, Nicolas mostra una distanza, rispetto all’imprenditoria e all’artigianalità italiana, quasi illogica. La voglia di sperimentare, di fidarsi, di fare le cose “giuste”, di puntare sui giovani, di dare lavoro e di provare ad abitudinare il cliente fanno parte di una cultura alta ed effimera, l’unica che si possa pretendere da un artigiano per il suo prodotto. Amalincuore, devo ammettere che la Francia e la sua dottrina continuano a girare con bacchetta e toga. L’insegnamento è un cantiere sempre aperto, così Nicolas, dopo aver composto di due negozi (L’Atelier des tartes, in Contrada Mondovì, e L’albero del pane, posto nel centro pedonale, sotto uno dei portici di Corso Nizza… più luminoso, sempre con una peculiarità azzimata e floreale, ma un filo meno autentico dell’Atelier...) il suo progetto cuneese, sta pensando di cambiare, di stravolgere e di rivoluzionare. Ha percepito un gusto, una possibilità altra.

L’Atelier è fascinoso, con un piccolo laboratorio alle spalle, ed Eleonora in pasticceria. Il dolce è suo, eccezion fatta per i lievitati. Concretezza e autodeterminazione. Una torta charlotte, crema diplomatica e fragole veramente ben equilibrata, poco bagnata, longeva e gustosa, così come la tartelletta ripiena di chantilly (o diplomatica).

Petit credo sia la parola più accostabile al lavoro di Nicolas. Sia all’estetica che al prodotto. Pane vichingo, provenzale, utilizzo di semi, di erbe a corredare (e non nell’impasto…), semola e tradizione araba. Tutto declinato al gentile, al grazioso. Un solo tipo di micca biologica da un kilo (ben strutturata, da una pasta madre un filo citrica al naso, nè lattica nè acetica ma con dei miglioramenti occorribili sul mantenimento…) e un kamut… il resto spazia tra le velleità e le fantasie del clienti. Lievito misto anche sulla baguette, niente biga, impasto praticamente diretto e lunga lievitazione. Il concetto di panino imbottito, di tempo libero, di libertà e di serenità ritornano come fiori di colza tra le gambe di un tavolino in ferro battuto, nell’accoglienza di qualcosa di diverso.

Masticare senza una particolare comprensione e senza una razionalità spinta dal giudizio… fino al croissant. Francese nell’anima: solo burro e niente uova. Naso straordinario così come fragranza e sfogliatura (anche il giorno successivo…). Ecco quella che dovrebbe ellesere la “mia” colazione, con buona pace di tradizioni, emulsioni e confetture d’albicocca.

Nicolas ha l’entusiasmo generato dalla meta approcciata. Ha due figli, una moglie, una villetta, un forno e un terreno a Peveragno dove sogna di rilassarsi la domenica. Partendo dalla grande distribuzione (lo stadio paria della civiltà… altro che becchini, conciapelli e boia…), ha guardato il territorio ( e qui le sette valli, le Langhe, il mare e le Alpi hanno dato una considerevole mano…) e non gli è venuta voglia di revisionare i conti della Parmalat o di pubblicizzare lo spray antiscippo, bensì gli è venuta quella di fare l’artigiano, di provare a costruire, di recuperare l’archetipo del savoir faire, fatto di notti oscure, forni, pale e farine, tralasciando il faire savoir, così facile e così “invitante e confortevole”, appena varcata la frontiera…

 

L’ATELIER DES TARTES

CONTRADA MONDOVI’ 24

L’ALBERO DEL PANE

CORSO NIZZA 27/B

CUNEO (CN)

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