Un pasticcere e i suoi lasciti. Giovanni e Andrea Rampinelli

Milano. Pasticceria Mac Mahon.
Il luogo scelto dalla famiglia Rampinelli è fuori moda, fuori dal centro, fuori dalle liste dell’opinione gourmet. Mantiene viva una tradizione, racchiudendo al proprio interno dei germi di rivoluzione che nel giro di pochi anni potrebbero far saltare il banco.
La cortesia è qualcosa di poco affettato, di vissuto, di radicato nell’animo di questa famiglia di estrazione gentile che non può fare a mano di mettere a proprio agio.
Quando chiedo di Giovanni (siamo all’antivigilia di Natale) mi dicono essere molto nervoso. Lo vedo aggirarsi nel laboratorio come alla ricerca di un tempo che gli manca.
Inizio quindi a parlare con la moglie che mi racconta qualche particolare del marito ma soprattutto mi fa intendere come sia complesso stare dietro al lavoro e preoccuparsi anche di mostrare la bravura a guide, eventi e giornali.
Qualche parola riesce a scalfire la corazza di pseudo-nervosismo (se tutte le persone nervose avessero questa capacità di farti sentire a casa, Milano avrebbe le fattezze di un piccolo villaggio berbero alle tre di pomeriggio di un’assolata giornata di agosto) di Giovanni. Esce e s’interessa al dialogo…

– Lieviti: ne ha ereditato uno che adesso dovrebbe avere oltre cent’anni. Il panettone lo lavora in maniera diversa rispetto all’ortodossia. Tre sole ore di lievitazione conclusiva a dispetto delle sei-sette della maggioranza dei pasticceri. Rilascia odori agrumati e sapori bilanciati con un retrogusto che perdura molto oltre il gusto (che magari d’impatto non colpisce per profondità), insinuandosi nelle maglie di un palato che rimane morbido, sobrio e delizioso. La struttura non è troppo umida, nel solco della tradizione milanese, ma forse un briciolo asciutta, unico dubbio che ha seguito il mio assaggio.

  – Zucchero: questa è la vera grandezza (una torta con crema chantilly e cannoncini semplicissima ma eterea, sia nella pulizia che nel gusto, diventa l’immagine di un poster art dèco francese) di questo maestro lieve e silenzioso. La breve lievitazione del panettone viene addotta come motivo dominante del controllo della dolcezza. 
All’analisi organolettica, effettivamente, non posso che riscontrare una pulizia al palato che ricordo forse un paio di volte in Maestri ben più acclamati. 

Seguendo Bruno Barbieri e Gino Fabbri, “la difficoltà del pasticcere risiede nelle dosi. Non puoi sbagliare perchè non puoi correggere. Se lo zucchero è troppo, la preparazione fai prima a buttarla”.
L’artista lascia spazio al chimico e Giovanni Rampinelli, con la sua silhouette inglese e sottile, si incunea negli anfratti, ricavandone poesia, gesto e precisione.
… poi, porta fuori suo figlio: Andrea. Quel futuro così diverso ma così prossimo.
Segue il padre come un maestro ma senza dimenticarsi di continuare a viaggiare, soprattutto con i libri. Studia, si confronta con le ricette di pasticceri lontani.

Cerca nuove strade tipo i macaron… Ne assaggio uno al lampone. Il frutto rimane sia come strato mezzano sia a corroborare l’impasto. Buono.
Ma quello che lo diverte maggiormente sia nella creazione sia nella dissertazione è il cioccolato. La tradizione francese lo affascina. È vorace, impara, magari copiando e prendendo spunto da ricette già affermate e famose. Ma la crescita tecnica non può che passare da lì. Affascinato dall’acidità, utilizza principalmente cioccolato Valrhona, non disdegna gli accoppiamenti azzardati (tipo lo zenzero candito) e porta la sua capacità all’acme in un cioccolatino ripieno con una ganache al miele e al suo polline: controllato, suadente al punto giusto, buono.

Giovanni mi porta nel suo nuovo laboratorio, quello che permetterà ad Andrea di allargarsi, e mi mostra con orgoglio i suoi panettoni, la macchina per il concaggio e le vetrine che la moglie crea con i prodotti natalizi. Sempre con la gentilezza di una tradizione (quella dei lievitisti di Alemagna, ormai scomparsi) che dai primi anni ’50 cerca di portare oltre, non procrastinandola mai, ma rendendola sempre attuale e presente.
Il futuro non è oggi e nemmeno domani. La pasticceria Mac Mahon rimarrà lì ma, prima o poi, e qui mi getto in una preconizzazione da guida gastronomica, questo ragazzo, nel caso riuscisse a mantenere vivo il passato e suo padre, attraverso il dosaggio degli ingredienti, e a trasformare Salgari in Bruce Chatwin, potrà rendere le banlieue milanesi un luogo di interesse gourmet.

PASTICCERIA MAC MAHON
VIA DEI FRASSINI, 31
MILANO (MI)

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