Una dolcezza decisa… Giovanni Cavalleri

Erbusco. Nel cuore della Franciacorta. In mezzo ai vigneti delle bollicine.
Con qualche collina dove farli diradare e qualche stradina che nasconde, dietro ogni curva, un angolo al di là del tempo. Qui, senza una storia millenaria, senza bellezze artistiche da far gridare al miracolo, senza sconfinati orizzonti dove perdere i propri desideri, dagli anni ’70 si è iniziato a guardare alla Francia (non inganni il nome, derivazione dal latino curtes francae, che rappresentava le comunità di monaci benedettini, dediti all’istruzione del contadino e all’opera di bonifica, che venivano esentate dal pagamento dei dazi) e si è creata la più importante “regione” a vocazione spumantistica d’Italia. Certo, hanno fatto molto gli imprenditori, certo, ha fatto molto la sostituzione del bosco con le vigne, e ancora più certo, ha fatto molto l’apertura di diverse cantine, ma il vinacciolo in solitudine avrebbe esaurito la conoscenza… 1993: data in cui Gualtiero Marchesi apre il suo relais su una collina sopra Erbusco. Larenaissance della Franciacorta si è allargata alla gastronomia, tout court. In molti hanno aperto nuovi locali, grandi chef ci si sono trasferiti, sono iniziate le degustazioni, gli abbinamenti e le cantine aperte e, in un piccolo angolo nascosto, si è rinnovata una solida tradizione di famiglia.
Dopo la prematura morte del padre Roberto, uno che dava del “tu” ai Maestri, Giovanni Cavalleri ha preso in mano (ormai quasi una ventina d’anni fa) una piccola bottega, dove la serietà, il burro e la tecnologia applicata al dolce, sono sempre stati padroni di casa. Lui cresce, imparando ed insegnando. Cogliendo nel cliente la declinazione di un abbozzo di idea che il padre gli aveva gettato. La cura è stata educarlo. Da quel momento, il principio è diventato il quotidiano e il ricordo, l’unica forma di esperienza.
Giovanni si è allargato, ha ristrutturato una cascina, ai bordi della bellezza, dove già iniziano ad imperare le strade. Ma è lì, nei trivi, dove un tempo sostavano prostitute e mercanti, che la gente cerca consolazione. Dove il bello dirada, c’è sempre la cispa di un occhio che non si vuole ancora aprire. Prolungando il sogno… si entra in pasticceria…
Giovanni ha sfruttato l’ombra del Maestro Marchesi, ne è uscito, ha collaborato, si è creato un suo percorso personale. Con l’arroganza della solitudine. I consigli e i libri sono sufficienti e non necessari. La sua generazione è quella delle pance, delle porte chiuse, della ribellione e dei poster in camera. “A me degli altri m’interessa il giusto. Una persona mi piace o non mi piace a pelle. Se qualcuno mi stressa… calci nel culo”. O bianco o nero. Non facendo parte della generazione della paura, Giovanni tira fuori la sua timidezza per mettersi in mostra. Con solerzia, con la loquacità della tonalità di voce, e con quel sorriso  che diventa una risata nella critica al mondo. Lui è barocco. I suoi gusti non hanno anditi e nemmeno la profondità che lui vorrebbe (a breve inizierà un corso per educare ulteriormente il palato), sono fanciulleschi ed enfatici. Gli piace il dolce in quanto dolce. Quello che non smetterebbe mai di mangiare: una mousse al cioccolato bianco. E in tutto ciò, non può mancare un sorriso d’ordinanza e un’arroganza piacevole. Quella che rimane nella descrizione del suo lievito. Legato (nel telo per coprire le barche…), nella migliore tradizione paterna, pare non sbagliare un colpo. “Di quaranta quintali di panettone prodotti all’anno, ne butto via veramente pochissimi”. Non lo abbandona mai, la lievitazione – l’epitome dell’incostanza e della mercurialità femminile – ha messo le scarpe basse e i jeans operai, creandosi un cantuccio di serialità. È uno chapeau senza assaggio… sfortunatamente…

Quello che invece assaggio sono le sue fantasie, alcuni pezzi di piccola pasticceria che associa il buono al bello, il mangia al bevi e la stravaganza ad una correttezza di sapori. Crostate di mojito e colorati macaron alla menta, tarte tatin rivisitate, dove un’ensemble di biscotti sminuzzati (lo stesso che fa da base alla cheese cake), porta alla bocca mele zuccherate e amarognolo a stemperare la troppa raffinatezza. E un bocconcino (con della sicilianità trovata per strada) di crema gialla che mi riporta i limoni, Biasetto e i film di Fellini. 
La vaniglia non corrode ma esplode nella perfezione di una crema all’uovo dove l’uovo non è il surrogato ma l’unico e vanesio protagonista…

Il viaggio verso il laboratorio è breve. C’è freschezza, gioventù, anche qualche tinta femminile, ma su tutto, un rigore e un ordine di compulsiva attenzione. I visi si contraggono e si abbassano. Giovanni si rabbonisce con la fiducia, altrimenti la sua pancia potrebbe tranquillamente prendere il sopravvento. Le urla scappano per reiterazioni fastidiose di errori. Forni, cotture, impasti. La pasticceria non concede quello che concede la cucina…
Giovanni ha una passione verso la novità e verso la tecnologia, i macchinari ci sono tutti, magari nella forma dell’unità, ma la loro presenza è il suo sguardo verso il futuro. Se hai, puoi, e anche se non vuoi, sai che, se cambi idea, continui a potere… Un haiku zen. Un sutra del diamante che illumina la Franciacorta. E lavorare diventa più facile, senza impedimenti che non siano la fantasia del lime miscelato al mascarpone o del formaggio ricoperto dal lampone…
Ma tutto deve essere circostanziato alla sua vita fuori da lì. Sua moglie (che collabora in pasticceria) e i suoi due figli (uno pare talentuoso calciatore) a cui deve lasciare l’attenzione di uno sguardo, la vivacità di un racconto e la veglia della buona notte. Giovanni non ama essere identificato, tanto meno dal suo mestiere, a cui dedica ore, esami e corsi di aggiornamento, ma senza la pienezza e senza la malafede, quella che ti fa bruciare le tappe, avere gli uffici stampa, concorrere per fare soldi, pestare i piedi agli stronzi ed essere pestato e umiliato come tale, alla mercè di un complimento, di uno sguardo o di una semplice attenzione…
…anche quando ha deciso di fare l’esame per l’Ampi, con un dolce ricoperto di una crema di cappuccino, senza orpelli ma con una chiara dichiarazione d’intenti verso la spontaneità, quella che ti fa guardare gli altri senza acredine e senza adorazione…

PASTICCERIA ROBERTO
VIA PROVINCIALE, 38
ERBUSCO (BS)

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