Una giornata potrebbe non bastare… Carlo Casati

Sartirana. Piccola frazione di Merate. A metà strada tra la Brianza operosa, quella che ha un nome sulle carte topografiche e la Brianza senza tempo, quella che conoscono i brianzoli che, probabilmente per carattere, possibilmente per riserbo, hanno tenuto nascosta alla conoscenza massiva. Una Brianza dove diradano le abitazioni…
A Sartirana, piccola frazione di Merate, dietro una curva, all’interno di un piccolo market degli anni ’70-80-90, opera, in maniera fulgida, Carlo Casati l’artigiano, un uomo con un retrogusto di passato. 
Da Pinuccio è il nome ancora più retrò della bottega. Un sorriso trascinante. Quell’entusiasmo semplice di chi non è mai passato dall’altro lato, quello della negazione, quello del fascino nero, lo stesso del pensiero angusto e del pessimismo cinico, quello della luna e quello della giornata storta, del ribellismo giovanile e del pensiero della morte. La scelta di non abituarsi alla giornata e ai successi e la scelta di non soffrire il giudizio e nemmeno la troppa emotività trapela dalla sua sicurezza, da quella sicumera che ha lasciato per strada la paura.
Se non è il primo, è quantomeno il migliore. Non scambierebbe nulla con nessuno, ma senza tralasciare la stima e l’ammirazione. Superata la stasi di non trovarsi davanti né a Ian Curtis, né a David Foster Wallace, mi accorgo di come le sue parole suonino una sinfonia commercialmente irreprensibile. Sorriso, movenze enfatiche, mani e braccia a fendere l’aria come fossero propaggini di coltelli, affettatrici e bacchette magiche, e un dubbio lontano e impolverito.
Nel suo lavoro, però, è un uomo di fede. Crede alle sue vacche di razza limousine, all’alimentazione delle stesse, crede ai suoi metodi, al suo passato e alla sua ricerca (che si manifesta, nel suo parossismo, quando mi mostra una boccetta di olio del Carlo Cudega che veniva prodotta in Israele e rappresentava l’unico conservante concesso ai puristi della salubrità… su questa strada ci si è messo lui e… nessun altro… Poi ha mollato pure lui, tornando a muffe e salnitro, che non conserva ma allontana la paura…)… per tutto questo, si espone, mette la faccia e affida al cliente la contro prova. E così è stato…
Ha un’emotività tranciante ed impetuosa, la passione diventa vertigine e lascia a bocca aperta e sono le sei di sera di un finale di settimana lavorativa, fatta di sveglie mattutine, insaccati e clienti… un orario che si adagierebbe perfettamente nella stilizzazione di un pigiama e di un cuscino, ma Carlo è come se vivesse la giornata di due persone. Ha quel qualcosa di incontenibile dato dalla grandezza e ha la fortuna di saperlo comunicare.
Emanuele Comi e Davide Longoni mi avevano detto “prenditi almeno tre ore… è un infaticabile oratore”… ma scherzavano o lo sottovalutavano. Lui mi ordina ardentemente di ritornare, visto l’assenza della Borroeula (principessa della sua gastronomia: una pasta di salame, non insaccata ma snervata che deriva da una tradizione fatta di patate, cenere e brace… ma questa è un’altra storia e probabilmente sono più affascinanti il logos e gli occhi di Carlo…), ma non può fare a meno di farmi assaggiare:

 – bresaola: l’ennesimo tentativo sulla strada della redenzione… ma questa volta trovo e la seconda è sempre più dolce della prima, perchè qui la redenzione avviene attraverso la punta d’anca, la normale bresaola da palestrati e modelle… Cosce di femmina di scottona, nessun antiossidante, salatura a secco, pepe e spezie, nessuna affumicatura… si segue la tradizione. Stagionatura nei limiti dei pochi mesi con copertura di muffa naturale a proteggerla. Prodotto ottimo, dolcezza che sdilinquisce e riporta alla morbidezza e al colore. Carlo lavora anche il magatello e la sottofesa e quando gli chiedo lumi sulla noce, mi dice che è quasi impossibile da utilizzare, sia per l’eccessiva grandezza del taglio che per la durezza dei nervi all’interno…

  – salame: vedo le facce degli astanti esultare con cuori empi di gioia per un prodotto che lui definisce eccezionale. Sarà per la stagionatura (quello assaggiato non superava i tre mesi), sarà per le mie “cattive” abitudini, ma l’ho trovato molto vicino alla normalità, con carni di sola coscia che danno un prodotto buono ma senza l’urlo della folla…

  – mortadella di fegato: il prodotto che supera l’artigiano, quello che dimostra l’incontrollabilità del gesto e della bellezza. Qualcosa di purificante che terge il sudore. L’inizio dell’opera omnia di Carlo… Un sapore unico, tra il deciso e il selvatico. 

Poi c’è la macelleria. Gli assaggi sono stati pochi e non talmente corroboranti da rubare righe al racconto che preferisce ritornare su Carlo. Un artigiano a metà strada tra la possibilità (che potrebbe essere infinita) e la vendita… che manda i titoli di coda tre volte, come fosse un coming soon o una soap opera venezuelana… Ma ormai mi ha pescato ed è difficile che io non abbocchi all’amo dell’esperienza…

DA PINUCCIO
FRAZ. SARTIRANA VIA CAVOUR 5
MERATE (LC)

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