Una transumanza senza fine… Giampaolo Rossi e Lara Del Ponte

Nebbiuno. Comune dell’Alto Vergante. Senza infamia né lode. Qualche strada nascosta, una vista mozzafiato sul lago maggiore, ma tutto sommato un paesaggio a metà strada tra la noia e la fantasia. C’è il vicolo a sampietrini che si stringe, c’è qualche diroccamento e l’accenno dei primi boschi, ma l’ansia da fabbrica tende a non lenirsi…
Sulla strada per Massino Visconti c’è la Masseria Rossi, l’immaginazione di un secondo tranquillamente perdibile. Nel mezzo c’è una sagra della mela, tra l’umore bianco del cielo e il grigio della strada. Qualcosa di trascurabile, con produttori convinti e abbastanza prevedibili. L’alpeggio sognato (o forse agognato e quindi messo da parte…) mi è stato proposto ma con le dovute cautele. Le tre-quattro ore di cammino abbisognerebbero di altre facce e di altri tempi. Almeno adesso. Ma aspetterò l’ora del mito del progresso e della trazione integrale. Nel mentre, mi sono accontentato di un incontro a mezza altezza, dove trovo una donna che ride sottecchi e un uomo inconsapevole. Comunicazioni firmate a suo nome, lo fanno perdere sulla strada della conoscenza. Lui è la mano che stringe e non parla, lei l’immagine che conosce e ironizza.
Giampaolo è un transumante perenne. D’estate ha due alpeggi, in mezzo al Parco Veglia-Devero, al confine con la Svizzera e con l’Alpe Vannino, regno di Roberto Pennati, declamatore e presidente di Latteria di quel Formaggio, storia e ingerenza di questa parte di mondo, che risponde al nome di Bettelmatt. La riscossione della simpatia, in Roberto, non è una delle caratteristiche che più saltano all’occhio. Questa, associata con una presunta (ma son pronto a giocarmi le mie tre castagne…) arroganza autoritaria, fa di lui l’emblema di un formaggio che ha perso i legami con la necessità e con la fatica estiva (da alcune analisi di Lara, tecnologa alimentare applicata ai latticini, sono usciti, tra i magnifici sette Ossolani, dei proditori commercianti di latte di provenienza oscura… perchè dove c’è mercato, c’è produzione…) di gestire la mandria e le stelle.
Poi c’è il mito. L’erba mottolina. Quel pascolo, quintessenza della caseificazione, con tutti i suoi profumi e le sue meravigliose caratteristiche organolettiche riversate all’interno di un unico formaggio. Quello prodotto nei sette alpeggi benedetti. Ma Giampaolo, poche parole laconiche e perifrasi tendenti allo zero, sostiene (e invita caldamente autorità sanitarie e agronomi a procedere agli esami necessari…) che la celebrata erba cresca, in tutta la valle, ma solo al di sopra dei 2500 metri. Punto.
La selezione non avviene in orizzontale ma in verticale. Le limitazioni ci sono ma è la rarefazione a determinarle e non la puerile vocazione dei gastronomi cittadini. Così le scaramucce tra vicini si sono trasformate in una nonviolenza di principio. Con buona pace di tutti, visto che, a Lara e a Giampaolo, di allargare la zona di produzione del Bettelmatt, fregiandosi dello stemma nobiliare, interessa poco e nulla.
Quindi, per sottrazione, rimangono i formaggi d’alpeggio, la transumanza palingenetica di Giampaolo e i racconti di Lara sul suo passato, sui casari e le loro abitudini e su quelle valli che ha imparato a condividere per amore di una scelta.
Lui fa transumanza bovina anche d’inverno (una rarità di difficile definizione). Scende verso le nebbiose pianure novaresi, dove si scontra con i pastori intensivi e dove dorme all’interno di una roulotte. Occhi azzurri, capelli brizzolati e bella presenza. E se questa non è una scelta compromettente e definitiva, francamente non saprei a che dizionario affidarmi…
Lei racconta lui e le sue scelte. In maniera discreta, prende il proscenio e si mette in mostra. La mia nemesi per eccellenza, affinator Castagna, ha richiesto i suoi servigi, così come diverse latterie, casari, dispersivi e sublimati freudiani. Lei analizza e martella. Ha una paura viscerale delle vacche che pare annusino la sua presenza. Non è una donna di alpeggio ma una cittadina tout court. Però i formaggi li sottilizza (e magari prima o poi li farà… i vetusti casari d’alpe, coi loro spini in legno e i loro paioli in rame, non hanno l’accortezza di una temperatura o di un’acidità… quindi, o solipsismo, o nulla…) come pochi, le occhiature la irretiscono, la pasta ha il suo formalismo e lei lo pretende… che poi la suadenza sia la pernice accentuata, a lei interessa il giusto…
Contenuto
e
Forma
Oltre solo i formaggi.

Alpe Veglia del Pian dul Scricc: la lavorazione è simile a quella della Fontina o del Bettelmatt, con quei quarti di nobiltà in meno, dati dai consorzi e dalla bramosia delle persone. Latte crudo, pasta semi cotta, pressatura a mano, spini in legno, caglio naturale. Occhiatura controllata e regolare. Stagionato due/tre mesi, rilascia chiaramente meno afrori ma molta più masticabilità. Pasta bianca, compatta, elastica, fiori ed erba in bocca fino all’ultimo gusto e al crepuscolo del retrogusto. Facile ma vero. Alpeggio 2011 (un anno di stagionatura): io mi fermerei qua con i sapori. Non è un Bitto (che acquista meraviglia col tempo…), è in quel punto di rottura che discerne l’eccellenza dalla decadenza. Odori cantinati, proteolisi della crosta, unghia sempre meno evidente e più mantecata, ocra-marrone, corteccia e pasta, sensazioni umide, sapide e amare, niente astringenza e nemmeno piccantezza (miracolo…). 
Eccellenti.

Toma del Campanile: quella che vuole Guffanti. Quindi giù il cappello? Formaggio invernale con latte di stalla. Aromi evanescenti e sapori decisi. Alveolatura e sapori che ricordano il Burlino, con quelle reminiscenze di banana… Fine pasto, con un po’ di suadenza scollata…

Il resto sono formaggi d’alpeggio nell’accezione più pura del termine, con quelle sfumature calde, tonde e rilassanti, che hanno nel classicismo il loro essere rivoluzionarie.

Giampaolo e Lara continueranno a viaggiare con la pudicizia che il silenzio e le montagne non riusciranno mai a trasformare in appariscenza. E così l’attenzione diventa un sorprendente invito in Alpe e due gote rosse…

MASSERIA ROSSI
VIA NEBBIUNO, 18 E VIA PER LESA, 13
MASSINO VISCONTI (NO)

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